Torta di compleanno

gennaio 28, 2011 § Lascia un commento

 

Nella nostra piccola cucina la luce è buona a qualsiasi ora, d’estate, mentre d’inverno basta appena a fare colazione. Infatti da novembre a febbraio bisogna accendere la luce, se si vuole vedere quello che si fa. L’anno scorso, per esempio, abbiamo dovuto usare la luce artificiale fino a marzo. Quest’anno, invece, sembra che presto ne faremo a meno, prima della fine di febbraio. Le giornate si stanno allungando e il sole aspetta sempre di più a diventare luna.

Nella nostra cucina, in questo momento, mia madre sta preparando una torta al cioccolato con glassa al cioccolato e con ripieno di crema al cioccolato. Domani è il compleanno di mio padre e mia madre fa sempre la stessa torta, quando è il compleanno di mio padre. Quando invece tocca a me, la torta è alla frutta. Quando invece spetta a mia sorella, la torta è al formaggio. Nessuno, purtroppo, sa fare le torte, esclusa mia madre. Perciò quando viene il giorno del suo compleanno lei se la fa da sola. L’anno scorso, però, ha detto che non l’avrebbe fatta e non l’ha fatta. Mio padre lo sapeva benissimo che toccava a lui ordinarla in pasticceria. Ma se n’è dimenticato. E’ tornato a casa dal lavoro e io me ne sono accorto subito che se n’era dimenticato, appena ha aperto la porta di casa e ha strofinato la suola delle scarpe sul tappetino di benvenuto. La sua faccia era solida e non traspariva quella luce che mio padre ha sempre quando c’è qualcosa di bello da fare. Aveva una luce grigia, se esiste quella gradazione, e io e mia sorella abbiamo cercato di chiedergli della torta, prima che si togliesse la giacca. Ma dovevamo parlare a bassa voce, e poi c’era mia madre che entrava e usciva dalle stanze, per cui si doveva fare attenzione. Io e mia sorella abbiamo pensato che fosse uno scherzo, che magari non se n’era dimenticato, ma era proprio un modo di sorprendere mia madre.

Pensa e ripensa, era ora di cena, mia madre apparecchiava in salotto, mia sorella lavava l’insalata. Mio padre si stava cambiando in camera da letto, così andai di là.

– Mi prendi il cardigan?

Gli diedi il cardigan e in cambio ricevetti la sua giacca marrone. La feci indossare all’uomo morto, e intanto guardavo mio padre seduto sul letto, mentre slacciava i lacci delle scarpe e se le toglieva.

– A scuola? Tutto bene? Novità?

Ero talmente abituato a queste tre domande che non capivo mai se fossero parte integrante del rituale tra padre e figlio, e quindi rientrassero nell’insieme delle cose superflue, dette così per dire, o se invece avessero un’importanza specifica per mio padre. Comunque non rispondevo mai.

A cena mangiammo purè di patate e pasta al forno avanzata dal giorno prima, verdure lessate e frutta secca. In genere, ogni volta che arriva il momento della frutta secca, mia madre e mia sorella si guardano, e io guardo loro. E’ difficile da spiegare, ma poi noi tutti guardiamo mio padre perché lui è un grande divoratore di frutta secca, e da quando il medico gli ha detto che un paio di noci al giorno fanno bene al cuore, papà ne fa fuori almeno una ventina a sera. Mia sorella ha provato un paio di volte a dirgli che ne mangia troppe:

– E’ il mio unico vizio. Ne mangio cinque o sei. Il medico ha detto che fanno bene. Che cazzo, è l’unico vizio che ho. Uno lavora come uno schiavo tutto il giorno e poi la sera neanche due noci.

Quella volta mia sorella rispose:

– cinque o sei..

Papà si alzò dal tavolo come se lo avessimo offeso a morte, come se la voce di mia sorella fosse stata preparata a lungo, come se lo avessimo tradito, perché quello che mia padre sentiva in quel momento era questo: parlavano alle sue spalle, giudicavano le sue azioni, si alleavano per impedirgli di mangiare le noci.
Perciò papà andò a letto presto, quella sera, e la sera dopo, a cena, non parlò con nessuno, e il suo silenzio durò due settimane. Finché una sera a cena mia madre non fece una scenata. Papà ricominciò a parlare.
L’ultima volta che avevano litigato per via delle noci era stato un mese prima del compleanno di mia madre. Quindi quella sera, dopo aver mangiato il purè e le verdure lessate, mio padre ruppe il guscio di almeno dieci noci. Mia sorella lo guardava disgustata. Mia madre guardava nel piatto pieno di carcasse di noci. Infatti mio padre aveva anche un altro vizio: gli piaceva usare il piatto di mia madre per qualsiasi evenienza. Lanciava con un gesto delicato del polso le metà di gusci aperti nel piatto vuoto di mia madre. In questo modo divideva la quantità di scarti di noci tra i due piatti, e, ad un primo sguardo, chiunque avrebbe pensato che mia madre aveva mangiato la stessa quantità di noci di mio padre. Ma non era così. Erano tutte sue.
Quando papà aveva finito di masticare l’ultimo frutto di noce, mia madre disse:

– e ora il dolce.

Così mio padre, preso da uno sconforto immenso, vorace, che gli tagliava la faccia in due strisce orizzontali, la fronte bianca, e tutto il resto rosso, capì che aveva fatto una cazzata. Mia madre non parlò a mio padre per due settimane. Noi due, io e mia sorella, fummo solidali. Il fatto che papà avesse dimenticato completamente la torta per il compleanno di mia madre lo rendeva colpevole ai nostri occhi. Che razza di uomo è uno che si dimentica la torta per il compleanno di sua moglie?
Mi sa che papà pianse, quella notte. E mi sa che pianse anche la notte dopo. Io pensai che se lo meritava. Gli stava bene. Non volevo dovermi vergognare di un padre come lui, ma era quello che facevo. Mia sorella non so bene cosa pensasse di mio padre in quei giorni. Non parlavamo molto, io e lei. Mia madre, invece, si vedeva che era distrutta. Tutta questa storia la sfiancava. Forse avrebbe chiesto il divorzio. Già mi immaginavo la scena in tribunale: il giudice con la toga nera che sentenzia dall’alto del pulpito di mogano l’atto di separazione permanente tra mio padre e mia madre:

lei non è stato un buon marito, non è stato un buon padre; ha messo a rischio la sua vita e la vita della sua famiglia; la sua voracità per le noci è inammissibile; la sua infermità mnemonica rasenta la demenza; lei è un pessimo uomo.

Così siamo arrivati al punto in cui mamma è in cucina e sta preparando la torta al cioccolato per il compleanno di mio padre. Mia sorella è in soggiorno, che mette a posto i bicchieri usciti dalla lavastoviglie. Io dovrei finire i compiti, ma non ho voglia, e poi mi sa che domani faccio finta di stare male e me ne resto a casa, a godermi la tv.
Papà è appena rientrato. Ha lasciato l’ombrello gocciolante nel corridoio, e mamma si arrabbierà tantissimo. L’odore della cioccolata che si fonde a 180°C nel forno aleggia come un tessuto molle nel nostro piccolo appartamento. I muri si addolciscono e la luce sembra più calda. Tra una settimana sarà primavera, il sole allontanerà la luna. Invece di togliersi la giacca e infilarsi il cardigan, papà va dritto dritto in cucina. Abbraccia mia madre e le chiede:

– Ci hai messo un po’ di noci?

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