A uno morto impiccato

novembre 13, 2010 § Lascia un commento

Noi che non siamo adepti della fabbrica del necrologio abbiamo atteso una settimana.
Noi donne/uomini schifosi ci siamo sentiti come pane raffermo nella ciotola dimenticata.
Noi che abbiamo letto qualcosa di tuo tra un vermut e un’aragosta pensiamo al Prossimo Livello.
Richard Ford scrive così ne “Lo stato delle cose”:
«è solo quello che ti inventi».
Yeats passò al setaccio la razza bipede, scrivendo ne “Il secondo avvento”:
«I migliori difettano d’ogni convinzione, i peggiori
sono colmi d’appassionata intensità».
L’epitaffio di Jonathan Swift, sepolto a San Patrizio recita:
«Ubi saeva indignatio ulterius cor lacerare nequit…»
(Dove la furiosa indignazione non può più lacerare il cuore…)
Però il cuore «è un lettore singolarmente stupido», disse Nabokov nel corso di un’intervista.
Noi che crediamo di aver trovato tra le tue note l’intreccio meraviglioso di Kafka (il suo metodo della realtà parallela, clone e sostituto) e di Perec, di Pynchon e Zola (per chi l’ha letto), di Nodier (per chi ha scoperto volumi nelle bancarelle polverose) e di Schulz (per chi adora la cannella).
Noi ti salutiamo a modo nostro, con Montaigne:
«Non c’è nulla su cui informi così volentieri come della morte degli uomini… Se fossi un editore farei un resoconto commentato delle varie morti».

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