La passione

febbraio 28, 2011 § Lascia un commento

Mi chiamo Mario e conservo le immagini di ogni apparizione in tutti i luoghi del mondo, le fotografie dei viaggi esclusivi, la testa piegata di un uomo che sa parlare con gli animali.
Le sue pantafole profumate di incenso, che una volta ho cercato di comprare per mio sfizio e che invece non sono del papa ma di un qualsiasi uomo.
Ho un assortimento di interventi e frasi importanti, degne di essere ricordate per l’eternità. Questa, è inutile nascondercelo, è un’epoca di alienazione atea e materialista, e quelle pantofole significano molto per me.

Fingo che siano le vere pantofole del Sacro Pontefice, le supreme babbuccette dell’unico uomo che sa parlare con gli animali, e contemporaneamente interpretare il volere dell’essere assoluto.
So di non dover compromettere quell’unico segno di sacralità, che non potrei mostrare al mondo degli animali feroci e darwinisti, ai fautori esecrabili di aborti ed esperimenti destinati a cancellare il destino dell’uomo.
So che una qualsiasi suora le venderebbe al sacro mercatino quaresimale, perché le suore non percepiscono stipendio. Le suore sono prima di tutto schiave, e poi donne, e poi di nuovo suore.
Non potendomi fidare di una serva, devo nasconderle ad ogni essere di sesso femminile.
Decido di conservare le pantofole in un reliquiario: 30cm x 40cm.
La conservazione del materiale sacro è legata unicamente al suo isolamento dall’atmosfera terrestre – ossigeno e bestemmie.
Nascondo il cubo di vetro che contiene lo splendido paia di pantofole in un armadio.

Passano anni, un muro abbattutto, qualcuno trovato appeso sotto un ponte londinese, bombardamenti in un golfo, uomini scavano fosse per altri uomini, ma la reliquia si salva dalla cecità degli animali fetidi e feticidi.
Il morbo prosegue, gli scanna il viso, le sue parole sfigurate odorano di redenzione, la carne gli si sfila dalle ossa e lui mantiene il suo legame indissolubile con gli ultimi:
ricordo commosso le sue invettive contro il preservativo in Africa; la sua crociata per un mondo cristiano e popoloso, capace di immunizzarsi alle malattie con la forza dirompente dello Spirito Santo.

Ci sono minuti lunghi quanto le preghiere per salvare il mondo dalla decadenza e dal cinismo, lunghissimi, lunghi quanto le sacre cifre nascoste nelle banche dai servitori di Cristo, momenti in cui la fede vacilla e mi viene voglia di sentirmi anch’io sommo, anch’io sacro, anch’io degno di indossare le sacre babbuccette.
Finché non muore il loro supremo indossatore. Io seguo l’atto finale dalla televisione. Poi corro attraverso la città, nelle strade che lo piangono come Madonne e, su Via della Conciliazione, ho un’illuminazione, poi confermata in S.Pietro. Vengono le fumate, che io vedo dalla piazza con migliaia di altri fedeli come me, però meno.
Allora viene eletto il Tedesco, il Bela Lugosi dei cardinali, e il mondo non è più lo stesso. Faccio tutto in stato di trance, sento scivolare via il mio libero arbitrio.
Torno a casa. Frantumo il vetro della reliquia. Prendo le babbuccette sacre e le infilo in una busta di plastica. Uscendo di casa vedo il cielo azzurro limpido. Salgo su un tram. Quindi scendo senza sapere dove e cammino per ore, la busta in mano.

Infine accade. Regalo le babbuccette sacre ad un vecchio che rovista nelle immondizie. Ma poi mi pento e vado a riprendermele, perché sono troppo sacre per darle ad un barbone, ma lui non vuole darmele, io gli colpisco la testa pelosa con una pietra e lui cade. Poi vedo una donna che fa l’elemosina e le dico tieni, fanne buon uso, sono sacre. Ma poi mi pento e vado a riprendermele, che non può essere che le babbuccette del papa morto ed eterno finiscano nelle mani di una stracciona che magari le venderebbe al primo che capita, ma lei non vuole darmele e io mi arrabbio, le dico dammele subito, dammele, ma lei inizia a piangere, e mentre piange grida qualcosa, e io la spingo giù dalle scale. Poi vedo un uomo vestito da domenica che cammina tutto solo, e penso, “lui è perfetto”, e gli do le pantofole, ma lui non le vuole, cerco di convincerlo, ma lui dice qualcosa a proposito della legge Basaglia, e io gli dico, va bene, sono sue per soli quattro euro.
Lui accetta e io torno a casa.

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