Hamburg esce nella Universale Economica Feltrinelli: 1 luglio 2022
luglio 1, 2022 § Lascia un commento
Testimoni. Estate a Torino
luglio 30, 2021 § Lascia un commento
«Hai scambiato il congedo di un’epoca per l’inizio/di una nuova,/L’afflato dell’odio per bellezza lirica,/La forza cieca per forma compiuta.»
In questi versi di Czesław Miłosz si nascondono domande che è lecito porre. Se la memoria è fallace, contano molto i particolari, le interazioni che riusciamo ad avere, le connessioni che conducono tra ciò che sappiamo e ciò che ignoriamo.
“Testimoni” è un reportage uscito su The Italian Review: https://www.theitalianreview.com/tir/
Ricardo Piglia e i ponti di Cesare Pavese
agosto 27, 2020 § Lascia un commento
Ho letto questo racconto nel Teatro Sociale di Alba, nell’autunno del 2019.
Un ponte di pietra attraversato in fretta, nell’inverno grigio e piovoso della città in cui abito, di cui ho letto nei romanzi divorati in una stanza poco arieggiata, nascondiglio del lebbroso e archivio della memoria intima, privata, saccheggiata negli anni a venire e mai ripudiata. Quel ponte lo attraversa un corpo che riconosco, un viso celebrato dal lutto, dalle notti che scorrono come il fiume, dense e malinconiche. « Leggi il seguito di questo articolo »
Il treno della memoria – il Tascabile
giugno 26, 2020 § Lascia un commento
Reportage da Cracovia.
Gennaio 2020
“Il freddo può rallentare le giunture, può oscurare la vista, congelare i rumori. I suoni in un campo gelato, nascosto tra i boschi, sembrano miraggi colpevoli. Ho l’impressione di crearli, di farli crescere. Ho la sensazione che tutti i presenti, le carovane di osservatori molto coperti e i loro prolungamenti social, non stiano ascoltando fino in fondo. Ci sono momenti in cui vorrei inginocchiarmi nel fango per capire se queste voci sono reali, se questo silenzio prodotto da migliaia di scarpe e stivali sia vero. Poco prima di entrare a Birkenau ho visto abitazioni a due piani costruite con i mattoni delle baracche smantellate nel 1945. Sono soltanto mattoni, si dicevano i polacchi a cui erano state requisite le case durante l’occupazione. Come il marmo dei templi, nelle acropoli delle colonie greche, come ogni volta che un uomo è stato costretto ad affrontare il suo tempo, a dimenticarlo, a sopravvivere”.
Hamburg vince il Premio Campiello Opera Prima
giugno 4, 2019 § 1 Commento
La motivazione con cui è stato assegnato il Premio Campiello Opera Prima:
Hamburg è un libro sulla labilità della memoria e su come venga tramandata da un gruppo di lettori clandestini. In un mondo di macerie che ricorda le atmosfere di Fahrenheit 451, un coro di voci si ritrova, segretamente, ogni lunedì in una libreria. Non si tratta di una “allegra brigata” che si ritira su un colle ameno, bensì di una banda di resistenti che scorge nella lettura la medesima funzione che gli uomini primitivi attribuivano agli affreschi delle grotte di Lascaux. Anche l’autore, in effetti, dichiara che «Si scrive per dar voce ad animali morenti». Così Hamburg mette in scena uomini e donne sconfitte dalla storia, famiglie costrette a nascondersi sotto terra per sfuggire al bombardamento alleato che nel 1943 rase al suolo la città anseatica. Pellegrini su questa terra, i personaggi del romanzo sono la «sabbia del tempo scomparso» cui allude il sottotitolo.
La struttura esplicitamente metaletteraria incastona una serie di frammenti di libri e un apparato di immagini fotografiche; ricordando Austerlitz di Sebald e Mattatoio n° 5 di Vonnegut, Marco Lupo fa della maceria il tema e la forma stessa della sua narrazione: la trama ne esce martoriata, con originali effetti di disorientamento per il lettore.
Presentazioni di Hamburg e piccola rassegna stampa
gennaio 4, 2019 § Lascia un commento
Hamburg è uscito il 20 settembre.
Iniziamo il giro di presentazioni a Genova, durante i tre giorni del Book Pride.
Genova, Palazzo Ducale, 30 settembre, ore 18.00: in conversazione con Alessandro Gazoia.
A seguire Torino, Circolo dei lettori, 5 ottobre, ore 18.30: in conversazione con Luigi Forte.
Il 9 ottobre saremo a Roma, alla libreria ToMo, dalle 19.00: in conversazione con Davide Orecchio e TerraNullius.
Il 14 novembre nello scrigno di Clara Patella, Libreria nuova macelleria Patella, ad Altamura, con Luca Romano.
Il 15 novembre alla gloriosa Libreria Mandese, a Taranto, con Enzo Ferrari.
A Bologna, invece, il 27 novembre, alla Confraternita dell’uva, sparring partner Giovanni Bitetto.
2019
Il 18 gennaio, dalle 18, incontro i lettori all’interno dell’iniziativa Leggermente, che vede il coinvolgimento di gruppi di lettura, librerie e biblioteche di Torino: Via Saccarelli 18.
Il 14 febbraio, a Rovereto, Libreria Arcadia: ne parlo con la libraia, Monica.
A Padova, il 15 febbraio, con Paolo Zardi alla libreria Il Mondo che non vedo.
Tra i canali, a Venezia, il 16 febbraio, con Severino Antonelli alla Marco Polo.
Il 16 marzo, nella cornice del Book Pride a Milano, con Filippo Tuena.
13 maggio, al Salone del libro di Torino, per l’ultimo incontro di Adotta uno scrittore: Istituto Aimone Cravetta di Savigliano.
Parlo di Hamburg con Jaime Riera Rheren il 3 giugno, alle 18,30, all’Enoteca Ber.
Il 26 maggio, a Palermo, incontro i lettori della Modus Vivendi.
Il 19 giugno, a Milano, per il Premio Pop.
A Gubbio, il 5 luglio, per le presentazioni del Premio Campiello Opera Prima, con Giacomo Marinelli Andreoli.
In occasione della prima data di Trovautore, a Fiuggi il 7 luglio.
Il 18 luglio, a Jesolo, per le presentazioni del Premio Campiello Opera Prima, con Fabrizio Cibin.
Il 19 luglio, ad Abano Terme, per l’ultima presentazione del Premio Campiello Opera Prima, con Francesca Visentin.
Rassegna stampa
– 20/09/2018, Stefano Clerici, Tra fuoco e acqua: Sul Romanzo;
– 23/09/2018, Ilaria Dotta, Il libraio scrittore: 2018_09_23-Corriere_Torino-Lupo;
– 25/09/2018, Giovanni Bitetto, La letteratura delle macerie: Flanerì;
– 25/09/2018, Luca Romano, Tra foto e narrazione: un racconto di Amburgo nella Seconda Guerra Mondiale: Huffington Post.
– 01/10/2018, Gianni Montieri, Storie nella storia. “Hamburg” di Marco Lupo: su minima&moralia e sul blog di Gianni Montieri;
– 06/10/2018, Enzo Mansueto, Hamburg di Marco Lupo. Il debutto di uno scrittore vero: su LUPO_corrmezz_06_10_18
– 09/10/2018, Fabio Mastroserio, Hamburg e il labirinto della memoria: su L’indiependente;
– 13/10/2018, Sergio Pent, Fra le righe di un diario a brandelli esplodono le bombe di Amburgo: su Tuttolibri, La Stampa 2018_10_13-Stampa-Lupo;
– 21/10/2018, Fabrizio Ottaviani, Amburgo esplode, ma ci sono misteri ancora da scoprire: su Il Giornale 2018_10_21-Giornale-Lupo;
– 15/10/2018, Zazie dans la Biblio, recensione;
– 28/10/2018, Peppe Fiore, E lo scrittore misterioso esce dalle macerie: su La Lettura 2018_10_28-Lettura-Lupo (1);
– 23/11/2018, Massimo Romano, L’orrore delle bombe su Amburgo: su La Voce e il Tempo 2018_11_23-Voce_e_tempo-Lupo;
– 28/11/2018, Giorgia Mecca, Una fogliata di libri: su Il foglio 2018_11_28-Foglio-Lupo-1;
– 30/11/2018, Goffredo Fofi, Fra i trenta e i quaranta: su Internazionale 2018_11_30-Internazionale-Lupo
– 19/12/2018, Emanuele Giammarco, Nell’umano lamento delle macerie tedesche: su il manifesto 2018_12_19-manifesto-lupo (1);
– 21/12/2018, Crocifisso Dentello, Da lettori a testimoni dell’orrore di Amburgo: su Il fatto quotidiano 2019_12_21-fatto_quotidiano-lupo;
– 28/12/2018, Enzo Mansueto, Il 2018 della scrittura di Puglia: su Il Corriere del Mezzogiorno 2018_12_28-corriere_mezzogiorno-lupo
– 23/01/2019, Marco Amici, Hamburg di Marco Lupo: su Radical Ging;
– 31/01/2019, Luisa Bolleri, La scrittura che brucia sulla pelle: su Zonadidisagio;
– 04/02/2019, Benedetta Craveri, Storie segrete nascoste in libri perduti: La Repubblica;
– 01/03/2019, Mauro Maraschi, Hamburg: su L’indice dei libri del mese;
– 12/04/2019, Angela Vecchione, Hamburg. La sabbia del tempo scomparso: su Exlibris;
– 29/04/2019, Vito Punzi, Marco Lupo e la tabula rasa della storia: su Avvenire;
– 31/05/2019, rassegna stampa Premio Campiello Opera Prima: su ilSaggiatore;
– 02/06/2019, intervista di Enzo Mansueto: su IlCorrieredelMezzogiorno;
– 12/08/2019, intervista di Francesco Mannoni: su IlGiornalediBrescia;
– 08/09/2019, intervista di Francesca Visentin: su IlCorrieredelVeneto;
– 11/09/2019, intervista di Maria Vittoria Adami: su BresciaOggi;
– 07/10/2019, intervista di Ambrogio Arienti: su LaBalenaBianca.
– 18/02/2021, recensione di Mauro Garofalo: su Nova (il Sole 24 Ore)
“Hamburg” su Fahrenheit Rai Radio 3
novembre 12, 2018 § Lascia un commento
Intervista di Graziano Graziani, andata in onda venerdì 12 ottobre alle 17,30.
“Hamburg” esce il 20 settembre
luglio 24, 2018 § Lascia un commento
CALENDARIO PROVVISORIO DELLE PRESENTAZIONI: invito_Hamburg_calendario
Il riso – un racconto
ottobre 29, 2017 § Lascia un commento
Il traghetto è una barca lunga, con il motore potente e i finestrini oscurati da tende bianche. Partiamo a fine settembre, un vento caldo soffia dai monti e la luce del sole cerca le montagne. Le nostre labbra sono secche e sentiamo il fruscio dei vestiti sul rivestimento delle poltrone, mentre il porto cola a picco da poppa e il mare tagliato si apre al cielo pulito.
Un sonno leggero forma rivoli di sudore nei corpi seduti. Godiamo del rollio del traghetto e dell’odore di benzina. In fondo, all’altezza dell’ultima fila di posti, una montagna di trolley e borse da viaggio rischia di crollare ad ogni virata. Superiamo le prime isole che sembrano un arcipelago di sassi. Vediamo masse di terra riarsa circondate da acqua verde. Boschi di pini e conifere ci salutano dalle scogliere color ruggine.
Le lingue parlate sul traghetto emergono nella seconda ora di navigazione; il gaelico e il basco, l’austriaco e il finlandese, il russo e il coreano. La costa del Peloponneso mostra un orizzonte di macchie scure, la vegetazione che cresce bassa e si nasconde dal sole crudo. Pascoli di pecore senza pastore. Monasteri bizantini che puntiamo con le dita sui finestrini caldi.
Mi addormento sognando il rollio di una barca e la lingua asciutta delle notti estive, e ascolto un vecchio oratore dalla barba argentata.
Continua a leggere su http://www.terranullius.it/terranullius/narrazioni/94-racconti/860-il-riso-marco-lupo
Gli imperatori di Roma – un vecchio racconto per Victor Cavallo
Maggio 9, 2017 § Lascia un commento
Breve storia di un racconto possibile: Nico D’Alessandria, Victor Cavallo e Bernardino Asvero organizzano l’evasione di Gerardo Sperandini (in arte Gerry) dal manicomio di Aversa; Gerry verrà salvato per diventare il protagonista della pellicola “L’imperatore di Roma”.
“Quindi annotavo, e c’era sempre una pecora magra o una gamba lucida da descrivere, c’erano sempre le stesse storie che perforavano le ulcere dei condannati a vita nelle bettole dove la polvere incrostava i bicchieri, le lingue e i canti dei condannati.
Una sera, a casa di Victor, con un sole lunare che perforava le finestre e una tempesta di fumo che gravitava intorno a noi, Nico e Victor mi raccontarono del 1992”.
Il racconto completo: http://www.terranullius.it/terranullius/narrazioni/74-vita-di-bernardino-asvero-letterato/538
Il Museo dell’Umanità
aprile 29, 2017 § Lascia un commento
Probabilmente stiamo respirando in porzioni di tempo alterate. Subiamo una dilatazione dell’orizzonte, che inizialmente ci sembrava ristretto. Non ci stiamo più muovendo nei magazzini di una fabbrica abbandonata, ma stiamo sfiorando il perimetro di una città che cresce ora dopo ora, scaffale dopo scaffale, reperto dopo reperto.
Il racconto integrale: http://www.terranullius.it/terranullius/narrazioni/94-racconti/834-il-museo-dell-umanita-marco-lupo
Alexandre Marius Jacob
marzo 27, 2017 § Lascia un commento
Tutto ha inizio nel quartiere di Vieux-Port a Marsiglia, centocinquant’anni dopo la pubblicazione del volume The History of the most notorious pirates, un libro scritto da un certo capitano Johnson, un uomo di cui si ignorava l’identità, uno scrittore di vite strappate al legno che aveva solcato oceani e derubato mercantili e fregate. Nel 1724 l’anonimato in letteratura pagava bene, e il libro ottenne quattro ristampe in meno di due anni. Ce ne vollero duecentoquaranta per attribuire quelle pagine a Daniel Defoe, ricamatore di falsi storici, scrittore.
L’epoca in cui nasce Alexandre Marius Jacob vede il conio del primo registratore di cassa, del motore a due tempi, della lampada a incandescenza e del primo prototipo di televisione al selenio. Anni in cui il padre prepara pasti intoccabili nelle cucine dei mercantili che tracciano rotte verso il nuovo secolo, mentre la madre, ancora minorenne, si dedica all’arte proletaria del mistero della fame: vivono in un bilocale senza acqua ed elettricità, e fanno parte di quel mondo di lavoratori che sarà il motore delle guerre a venire, la carne da macello da tirare in ballo ogni volta che il piatto piange e le industrie fremono. Alexandre divora i libri di Jules Verne e fantastica come tutti i bambini, ma come molti suoi coetanei è costretto a imbarcarsi all’età di undici anni. Il bastimento si chiama Thibet e il suo lavoro di mozzo consiste nello svegliarsi alle quattro del mattino per pulire il ponte fino alle otto e poi passare il resto della giornata al buio della stiva, con lo stomaco che si adegua al rollio e gli occhi vivaci che frugano tra le umanità presenti. Crescere con una ciurma che colleziona tatuaggi e storie di porti impronunciabili, ascoltare le lingue bagnate dal rum di contrabbando e imparare a difendersi. Contano molto le cicatrici che sei in grado di evitare, in alto mare.
Continua su Terranullius.
Contropassato
febbraio 14, 2017 § Lascia un commento
Quindi accadono, sono accadute, accadranno. Cose terribili, eventi che comunicano con l’orrore. La scomparsa della testa di Goya. I quattro servi di Pompei morti con le ossa spezzate in una stanza di quattro metri quadri. La diossina ritrovata nel latte materno delle donne che abitano nel quartiere Tamburi, a Taranto. Il bambino nigeriano creduto uno stregone. Il bambino siriano arrivato morto sulla spiaggia di Bodrum. Le duecento donne rapite nella scuola di Chibok dal gruppo terroristico Boko Haram. Il terremoto che ci cambia la vita. L’onda che annienta ogni cosa. La guerra che ci scolpisce con quei volti ritratti da Goya nelle Pitture Nere, tragici e urlanti, sulle pareti di una casa abbattuta, triste come la condizione umana. Le migrazioni di massa. Le frontiere chiuse. Ancora migrazioni di massa. I mari sorvegliati.
Il pezzo integrale: http://www.terranullius.it/terranullius/narrazioni/39-bloodbath/813-contropassato-marco-lupo
La vita naturale – un racconto
gennaio 17, 2017 § Lascia un commento
Non si può vivere senza nemici.
Sarebbe possibile in un posto caldo, schermati da protezioni solari che profumano di agrumi e hanno il colore dei pastelli. Sarebbe possibile in un posto freddo, i piedi coperti da calzettoni di lana, la gola nascosta nelle pieghe di un collo alto e musica quadrifonica che vibra sulla moquette.
Diversamente no, non è possibile.
Leggi il racconto integrale qui.
Ho ucciso/Ho sanguinato di Blaise Cendrars
novembre 22, 2016 § Lascia un commento
Cento anni esatti dalla morte di un braccio, dal distaccamento dei tessuti, dalla febbre che diffonde tremore e angoscia, dalla trincea che scava un solco nelle vite dei giovani soldati lanciati nelle terre di Francia con un equipaggiamento fornito da madre natura e insufficiente a fermare i frammenti di ossa e gli acquai colmi di sangue. « Leggi il seguito di questo articolo »
Lo scarto
agosto 3, 2016 § Lascia un commento
C’è una storia, da qualche parte in questa storia, di cui non ricordo il senso. Forse perché viviamo in una stanza senza luce, in una città senza abitanti, con un noi che non esiste. Sono solo. Vivo da solo in questo luogo di cui non ricordo la topografia. So che esiste perché lo vedo, e so che ciò che ho raccontato è vero perché lo ricordo. Ricordo Rue du Pélican e l’odore della pioggia e il suono della città e il colore delle sue unghie. Non so che cosa sia accaduto a questo noi che compare ovunque nei miei sogni. Mi sveglio coperto dalla polvere, sudato, in un letto che assomiglia a una gabbia. I miei carcerieri volano sulla città deserta e parlano una lingua di vocali infinite. Parlano solo quando non li guardo. Parlano molto, se non li guardo. Volano sulla città come falchi, posso sentirli arrivare molto prima di vederli comparire attraverso la finestra aperta, dal letto che assomiglia a una gabbia. Mi portano cibo in scatola e lattine di polveri che mischio sempre nella stessa scodella e che mangio seduto sul letto, a gambe incrociate. I miei carcerieri non sono persecutori, e ora che ci penso forse non sono neanche carcerieri. Non sono mai stato vessato o torturato o deriso o umiliato. Non sono mai stato interrogato. Mi hanno nutrito e protetto. So che non sono nato nella gabbia e so che ciò che ricordo nei sogni è esistito. So che da qualche parte, nella giungla, tra le foreste che resistono, nelle notti in cui la luce sbriciola le ombre, uomini e donne come me si alzano dal loro letto di foglie e restano in ascolto. So che riusciamo a sentirci, ogni tanto, quando il vento si alza e cresce, e che parliamo lingue che venivano lette dai libri scomparsi. So anche del bruciore che si infila nelle narici e promuove alluvioni, quando penso a lei e al significato di questa storia. Sembra di essere morti, penso svegliandomi. Ma poi ricordo tutta la trama vissuta con gli occhi chiusi e mi tocco la faccia per sentire le lacrime, e sento che fuori, nello spazio che cresce, c’è sempre qualcosa che posso scoprire, una verità rimasta ferma in un sogno, non riaffiorata, non emersa, una verità che aprirà la gabbia e spiegherà tutto questo. Semplice come l’acqua.
Il nostro Jean, il racconto a cui si riferisce Lo scarto:
http://www.terranullius.it/terranullius/narrazioni/94-racconti/776-il-nostro-jean-marco-lupo
Il nostro Jean – racconto
giugno 14, 2016 § Lascia un commento
“C’è una strada, da qualche parte a Parigi, di cui non ricordo il nome. Una strada senza porte, coperta da un’ombra che cresce nelle notti di nebbia, che non accoglie nessuno da anni. Sui muri e sulle pietre che delimitano questa strada ci sono disegni di porti scomparsi nella tempesta e foche monache che cantano come sirene e marinai dal collo tatuato che cullano croci e stanze minuscole affrescate a memoria, stanze in cui i mobili non lasciano spazio al pavimento e stanze in cui il tempo ha disintegrato gli oggetti. C’è una marea di figure che implodono, sui muri della strada parigina, e in pochi hanno avuto la fortuna di toccarle con mano.”
Il racconto completo è su TerraNullius:
http://www.terranullius.it/terranullius/narrazioni/94-racconti/776-il-nostro-jean-marco-lupo
Gli emigrati
Maggio 5, 2016 § Lascia un commento
«Non esistono né un passato né un futuro. In ogni caso non per me. I ricordi frammentari che mi assillano finiscono per trasformarsi in idee fisse. Quando penso alla Germania, ecco sorgere nella mia mente un’impressione di follia. « Leggi il seguito di questo articolo »
Discorso sul metodo
aprile 16, 2016 § Lascia un commento
Quindi Lipsia, il freddo e la luce del nord.
È coperto, ha mangiato e ha trovato il tempo di riposarsi per un’ora, nella sua camera d’albergo con affaccio sulla nebbia. Giornate come questa, nella sua vita, ne ha attraversate moltissime. L’umido che penetra attraverso i vestiti, la sensazione di aver dimenticato qualcosa prima di prendere il volo e di atterrare, quel vago sapore di inconsistenza, di irrealtà, ogni volta che un piede supera l’altro sulle strade di una città sconosciuta, una città di cui ha letto storia e radici durante l’attesa in aeroporto, una città che si apre come un libro dalle pagine crespe, macchiate in punti marginali, vergate in un paragrafo da una mano scomparsa da tempo.
Il racconto completo è su TerraNullius:
http://www.terranullius.it/terranullius/narrazioni/94-racconti/765-discorso-sul-metodo-marco-lupo
Luciano Funetta – Dalle rovine
aprile 2, 2016 § Lascia un commento
Ne parleranno ancora e ne parleranno a lungo.
Leggere le prime pagine e ringraziare la notte e il materasso che ci accoglie.
Al termine della notte, ringraziare la carta che ci ha raccontato quella storia, e disporre i ricordi come se fossero oracoli.
Le prime pagine sono a vostra disposizione: https://medium.com/libreria-francavillese/le-creature-superiori-dalle-rovine-luciano-funetta-b40d4ade2d8#.4cfcijub7
Il libro lo trovate ovunque.
Luciano Funetta vive a Roma. Ha pubblicato molti racconti e saggi.
Se gli scrivete risponde.
La stanza
marzo 13, 2016 § Lascia un commento
Questo pezzo è comparso sullo speciale di dicembre di Cadillac, Madeleine.
A cura di Margherita Galiano, redazione di Marco Montanaro, impaginazione di Manfredi Damasco e copertina di Andrea Serio.
L’odore dei piedi nascosti nella stanza chiusa da giorni. Trascinati nudi agli angoli, infilati tra gli archi di libri posati a caso per diventare pile, colonne, giardini di sogni altrui. Nelle notti d’estate i piedi lasciano orme di una pastella scura, affastellata nei passaggi da un angolo all’altro. Nelle notti d’inverno i piedi risuonano dello scricchiolio di un’artrite precoce, attutiti da uno strato di lana indurito. Le tracce della caviglia accavallata sul ginocchio, i segni della pelle incisa dalle gambe intrecciate, le ombre dei peli stirati dalla pressione, dalle ore perdute in posizioni di cui solo l’odore ha memoria. « Leggi il seguito di questo articolo »
Crăciun
febbraio 21, 2016 § Lascia un commento
Crăciun è la confessione di un uomo ed è la storia di un viaggio.
“Trieste è nocciola, ha boschi e un mare che luccica.
Eravamo in tre. Siamo arrivati a Trieste e non eravamo più noi.
Quando ricordo Trieste vedo soltanto il colore, non riconosco case e strade. Vedo soltanto nocciola.”
Il racconto completo: http://www.terranullius.it/terranullius/narrazioni/94-racconti/751-craciun-marco-lupo
Tre lettere – un racconto
dicembre 27, 2015 § Lascia un commento
Ricordo l’anno trascorso con questo racconto scritto dodici mesi fa. Tre lettere parla di fuggiaschi sulle orme di Robert Walser e di tre lettere:
la prima è di Luis Cernuda, e arriva da Città del Messico (mai recapitata);
la seconda è di Stig Dagerman e arriva da Stoccolma;
la terza è di Uwe Johnson e arriva da Sheerness.
Sorgente: Tre lettere – un racconto
Morfina (una riscrittura)
dicembre 18, 2015 § Lascia un commento
La gente arriva alla morfina per vie traverse. Io sono arrivato alla morfina per vie traverse. Tutti arrivano alla morfina per vie traverse. C’era la guerra, ne parlavano tutti, si alzavano e si sedevano, si addormentavano e si toccavano, e sempre la guerra c’era. Bisognava ignorarla, pensavo, anche se vivevo in un paese neutrale.
Su la chianca, un mio racconto, una riscrittura di un pezzo di Friedrich Glauser del 1932: Morfina.
Madeleine, 1 dicembre 2016
dicembre 1, 2015 § Lascia un commento
“Conservo una memoria eccezionale, penso perfino abbastanza prodigiosa, di tutti i luoghi in cui ho dormito, fatta eccezione per quelli della mia prima infanzia – sin verso la fine della guerra – che si confondono tutti nel grigiore indifferenziato di un dormitorio di collegio. Per gli altri, mi basta semplicemente, quando sono a letto, chiudere gli occhi e pensare con un minimo di applicazione a un luogo determinato, perché quasi istantaneamente tutti i particolari della camera, la posizione delle porte e delle finestre, la disposizione dei mobili, mi tornino in mente, perché, più precisamente ancora, io provi la sensazione quasi fisica di essere di nuovo disteso in quella camera…Lo spazio risuscitato della camera basta a ravvivare, a far rivivere, a riportare a galla i ricordi più fuggevoli e più insignificanti così come i più essenziali. La sola certezza cenestesica del mio corpo nel letto, la sola certezza topografica del…
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Gli ultimi giorni
novembre 28, 2015 § Lascia un commento
C’è una caverna, siamo nei Balcani, è l’età della pietra. C’è una stalla, siamo in Cisgiordania, è l’età dei romani. Siamo ad Asmara, Eritrea, è l’età delle colonie. C’è Thomas de Quincey, siamo a Königsberg, è l’età della moltiplicazione.
http://www.terranullius.it/terranullius/narrazioni/94-racconti/737-gli-ultimi-giorni-marco-lupo
Adrián N. Bravi – L’inondazione
novembre 10, 2015 § Lascia un commento
Adrián N. Bravi
L’inondazione
nottetempo, settembre 2015
Morales è un uomo che ha perso la moglie, che ha un figlio che vive di espedienti e di giocate d’azzardo, che vive in un paese come ce ne sono tanti. L’inondazione allaga e copre le strade, modifica la topografia e caccia i vicini di casa. Morales resta l’ultimo uomo in paese. Usa una barca per salutare la moglie, per parlarle. Rema per raggiungere un’osteria e farsi un cicchetto. Rema e lascia scorrere i giorni sul paese scomparso. Vive in soffitta e aspetta.
Adrián N. Bravi (San Fernando, Buenos Aires, 1963), vive a Recanati e lavora come bibliotecario presso l’università di Macerata. Se gli scrivete risponde.
Storia di un romanzo
ottobre 22, 2015 § Lascia un commento
Credo che questo sia uno dei problemi più penosi e complessi che uno scrittore debba affrontare. Sembra realmente che la ragione per cui uno scrittore scrive un libro sia per dimenticarlo mentre quella per cui un lettore lo legge sia per ricordarlo, e il conflitto tra queste due premesse produce a volte una strana incredibile situazione.
Storia di un romanzo, Thomas Wolfe, traduzione di Igina Tattoni, Fazi
Che cosa
agosto 17, 2015 § Lascia un commento
«Che cosa significano queste analogie, queste sovrapposizioni, queste corrispondenze? Sono solo scherzi della memoria, solo inganni dei sensi o allucinazioni, o evocano invece schemi di un ordine a noi incomprensibile, inseriti secondo un programma nel caos dei rapporti umani e tali da estendersi parimenti ai vivi e ai morti?»
Sebald, Soggiorno in una casa di campagna, Adelphi, traduzione di Ada Vigliani
BILE
agosto 13, 2015 § Lascia un commento
Verde 7, dicembre 2012
Marco Lupo nasce in Germania, a Heidelberg. C’è una base della NATO, lì dove nasce, e impara presto la differenza tra le parole muro e prato. Da piccolo volevo fare l’archeologo. C’era tutta quella polvere, nei musei. Mi piaceva. I custodi, soprattutto. Torna alla terza persona. Scrive racconti inutili per antologie diversamente utili. Pubblica diversi racconti su riviste, fanzine, carte da pacchi, frigoriferi vintage, finestre troppo piccole. Nel 2001 lavora come operaio in una fabbrica di bottoni. Da allora non ha mai smesso di scrivere. Redattore di TerraNullius, è uno dei direttori artistici del FLEP! (il primo Festival delle letterature popolari), creatore di Mai Morti (curato a quattro mani con Luca Moretti ed edito da Dissensi), sta scrivendo un romanzo su ciò che sa dell’immigrazione. Per il resto, ha un neo sul naso.
Bile è stato pubblicato nel dicembre 2012 in Verde 7
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El caso mosca – Su LA EMBOSCADURA
giugno 16, 2015 § Lascia un commento
La Emboscadura – Casa de Letras publica “El caso mosca”en la celebración del Bloomsday 2015 gracias a la cortesía de su autor. Traducción de Luciano Funetta y Silvio Bolaño.
Trabajar en una librería es como ponerse las gafas de Orwell y desempolvar estanterías perdidas en un otoño de hace ochenta años, arrodillándose en una librería de ocasión en Londres. El librero aprende a conocer las respuestas a preguntas formuladas según las leyes de la patafísica, en las cuales los títulos se mezclan con otros titulos y los autores cenan en el banquete de los nombres mal recordados y peor pronunciados. Puedes llamarlo oficio o terapia de grupo, llámalo voz del verbo escuchar y confía en la arena del tiempo, escucha el rezo de los solitarios y el soliloquio de los que fingen haber leído libros que nunca leerían. Refugio al confín del universo de las cosas reales, atrae cuerpos que van a encorvarse olvidando convenciones y practicas estéticas difusas. Dementes, alcohólicos, obsesionados por el verbo y por las tapas, poetas que se improvisan dadaístas y dejan escondidos mensajes de amor entre las páginas de novelas oscuras, buscadores de textos escasos que disfrutan al sentirse respondidos siempre con el mismo tono, que te miran como si no existiera ninguna cápsula espacial sobre la superficie misteriosa de Marte.
http://laemboscaduraeditorial.blogspot.it/2015/06/el-caso-mosca-por-marco-lupo.html?view=classic
Il caso mosca – James Joyce, Leopold Bloom, Sylvia Beach e il mistero del punto
giugno 16, 2015 § Lascia un commento
Perché oggi è il giorno di Leopold Bloom, perché l’Ulysses di Joyce è un libro su cui si sono abbattute per decenni le presse della censura e della morale, perché si parla di un punto che non dovrebbe essere un punto ma soltanto uno spazio bianco, perché un irlandese di nome O’Sullivan mi ha raccontato la storia di un litigio infinito tra Sylvia Beach e James Joyce.
E poi sono molto felice perché la rivista internazionale La Emboscadura pubblicherà questo omaggio in lingua spagnola.
La radice
Maggio 28, 2015 § Lascia un commento
Strappavamo le radici facendo perno su un piede. Ci piaceva il rumore della fibra che si disintegrava in un punto preciso tra la terra e le nostre scarpe sporche di fango. Una volta strappate abbastanza radici, le infilavamo in un sacchetto di plastica. Ognuno di noi aveva un coltellino svizzero con cui tagliare le estremità e ripulire la scorza scura e affumicata. Ci sedevamo in cerchio in un campo abbandonato, a pochi metri dall’ingresso del cimitero. Lavoravamo finché c’era luce, e la luce dei campi era generosa e lenta, e all’ultimo fremeva con un bagliore che saliva fino alla torre saracena e si spegneva oltre la scogliera nera.
Tornavamo in paese con le tasche piene di liquirizie e ci fermavamo alla prima fontana libera. Le bagnavamo a lungo sotto lo scroscio dell’acqua e poi le lasciavamo asciugare su una panchina. Ormai fradici e con le scarpe incrostate salivamo sulle biciclette e tornavamo a casa.
Il racconto completo: http://www.terranullius.it/terranullius/narrazioni/94-racconti/714-la-radice-marco-lupo
Il sogno di Naduah
aprile 21, 2015 § Lascia un commento
Il sogno di Naduah è la storia sognata sul sedile posteriore di una berlina nell’estate del 1995: racconta di Cynthia Ann Parker, una bambina rapita da guerrieri Comanche cresciuta nella lingua dei padri adottivi, che amò un capo indiano, che fu amata da un popolo di frontiera, che fu nuovamente strappata alla sua vita, al fiume Navasota che scorreva accanto al campo dove crescevano i suoi figli.
Un racconto raccontato da cavalli.
http://www.terranullius.it/terranullius/narrazioni/94-racconti/696-il-sogno-di-naduah-marco-lupo
Günter Wallraff e la miseria degli anni Dieci
marzo 24, 2015 § Lascia un commento
Se fossi Wallraff mi infilerei le scarpe bucate che usavo in fabbrica, la vecchia tuta da lavoro consumata sui polsi e con il colletto sfibrato. Se fossi lui mi farei crescere i baffi. Mi dipingerei il viso, il collo, le braccia e le mani. Farei esercizi di fronte a uno specchio: come parla un uomo che ha perso il lavoro. Se fossi Wallraff avrei documenti falsi e farei code lunghissime in giornate senza fine. Alla fine mi darebbero un lavoro, in qualche posto oscuro, tra pareti scrostate e uomini che non parlano la mia lingua. Mi darebbero anche una paga da fame, un orario che mi trancia il respiro e punti saldi nell’archivio delle offese subite. Se fossi Wallraff farei questa vita per tutta la vita. E poi direi come stanno le cose.
Il link al pezzo: http://www.terranullius.it/terranullius/narrazioni/38-santi-eroi-a-scrittori/687-wallraffg
Stig Dagerman. Scendere in basso è più lecito che soccombere
febbraio 24, 2015 § Lascia un commento
Su TerraNullius un mio pezzo su Autunno tedesco di Stig Dagerman, pubblicato da Lindau nel 2007.
Nel 1946 Dagerman ha ventitré anni, vive in Svezia, ha appena pubblicato Ormen (Il serpente) e sta per uscire il suo romanzo più difficile, De dömdas ö (L’isola dei condannati). L’Expressen lo contatta per chiedergli di attraversare i confini ristabiliti dalla guerra: hanno scelto lui per una serie di reportage dalla Germania del dopoguerra; Dagerman accetta e arriva il 15 ottobre in territorio tedesco, accolto da un autunno freddo e piovoso. Lo colpisce subito «il flusso inesauribile di profughi che ha sommerso la pianura tedesca dalla regione intorno al basso Reno e alla bassa Elba fino ai ventosi altipiani intorno a Monaco». Entra nelle città bombardate e ridotte in cenere di un popolo giudicato colpevole di nazismo e di genocidio, considerato incapace di intendere e di volere, spartito tra quattro invasori che osservano la fame e il freddo farsi strada ovunque.
Dalla vita di un fauno
gennaio 25, 2015 § Lascia un commento
In Aus dem Leben eines Fauns Arno Schmidt scriveva: «La “grande” storia non è niente: fredda, impersonale, implausibile, sommaria (falsa per giunta): io voglio solo le “antichità private”; lì c’è vita e segreto».
«’Große’ Geschichte ist nichts: kalt, unpersönlich, unüberzeugend, übersichten (falsch dazu): ich will nur die ‘Privataltertünmer’; da ist Leben und Geheimnis.»
La nebbia si alzò nella notte del ventesimo giorno
gennaio 20, 2015 § Lascia un commento
La nebbia si alzò nella notte del ventesimo giorno – un racconto breve su TerraNullius
“La nebbia, che può nascondere la città agli uomini fino a farli impazzire, si può alzare nelle notti di gelo e può crescere per giorni e notti. Le luci restano l’unica architettura umana capace di resistere a questa forza che avanza dalle pareti delle montagne e che cala sui quartieri trasformandoli in aree di sosta per sonnambuli e insonni.”
Tre lettere – un racconto
dicembre 30, 2014 § 1 Commento
“Le ho raccontato della vita in città, degli uomini che attraversano i corridoi della redazione in cui lavoro, delle occasioni perdute che rintraccio nella pigrizia, della facilità con cui si scrivono idiozie, del modo in cui il direttore mi comunica le sue opinioni, del suo collo troppo esteso, di queste esistenze che affiorano dalle pagine e di come nessuno abbia interesse a coglierle. Non mi ha ascoltato. Parlandole vedevo che muoveva la testa su e giù e mi guardava negli occhi senza mai richiuderli, infliggendo alle ciglia una posizione innaturale.”
Tre lettere – un racconto: su http://www.terranullius.it/terranullius/narrazioni/94-racconti/659-tre-lettere-marco-lupo
La caccia (un racconto dedicato a James Ballard)
marzo 25, 2013 § Lascia un commento
“Ricordo che la luna cresceva sulla pianura desertica davanti alle nostre case, che cenammo in silenzio nella sala comune cercando di non guardare negli occhi i credenti, che un bambino fece cadere una brocca con succo di aloe e che i frammenti di vetro gli ferirono le mani e che il sangue si mischiò al succo e alle lacrime. I credenti dissero che era un segno. Dovevamo rispettare il ruscello e la valle e il bosco, dissero, e potevamo ancora tornare indietro, bastava smettere.”
LEGGI IL RACCONTO SU TERRANULLIUS: LA CACCIA
Coriolano o il soffio dell’uomo
gennaio 23, 2013 § Lascia un commento
Leggi l’articolo completo su TerraNullius: Coriolano o il soffio dell’uomo
“Immagino la lana di cammello logora sulla pietra umida della caverna. Come nel racconto dell’Enciclopedia dei morti di Danilo Kiš. Immagino la grotta dei sassi rossi, una falesia alta un centinaio di metri scavata nella roccia ligure, divisa in quindici cavità, con sepolture scoperte da uomini con la parrucca o da contadini senza denti. Immagino venti scheletri sulla superficie scheggiata che ricorda decine di migliaia di anni e decine di migliaia di storie e masticazioni e amplessi e immagino di ricordare donne e uomini che si spengono al buio, tra le pareti bagnate e lisce di una cavità che è l’ultimo luogo in cui hanno messo piede e ricordo i falò accesi nelle ore di neve sputata forte dal cielo.
Quella caverna è il soffio dell’uomo, il reperto più vicino all’idea che alcuni tra gli uomini hanno della loro carne. L’idea si sbriciola in poche parole ma attraversa millenni e arriva rapida come un orgasmo: le storie degli uomini sono tutte accadute e tutte diverse, e il fegato di ogni storia assomiglia ai polmoni delle altre, ma sono tutte diverse, e tutte, in un modo o nell’altro, comunicano tra di loro. Il soffio dell’uomo non ha bisogno di iscritti, né di credenti, né di antitesi. Esiste se lo senti.”
Fottuto Franz – un racconto uscito su TerraNullius
dicembre 18, 2012 § Lascia un commento
“C’è del bello nell’odio. Un profumo di anni che scivolano in appartamenti bombardati da spifferi e accerchiati da inquilini verdi e silenziosi. Il suono degli scalini di legno, lisci come il culo delle puttane di Praga est, pericolosi con la pioggia e mortali con la fretta.
Il bello dell’odio è che te lo ricordi sempre. Non c’è niente di meglio del peggio. Niente che possa competere con l’astrazione di un uomo, con il concepimento della sua colpa, con l’internamento della sua coscienza. Sembra difficile smettere di pensarlo, quell’odio, anche oggi, persino in questo letto che scende verso Treblinka, persino in questa maschera di plastica che suona come il trattore di un nano.
Tutto questo solo per amore. Buffo l’uomo, veramente. Ama e odia in parti uguali.”
Il massacro di Aigues-Mortes
luglio 1, 2012 § Lascia un commento
1893. Un numero impreciso di operai italiani (tra i quattordici e i novanta) viene assassinato in un’esplosione di violenza xenofoba. La popolazione di un piccolo paesino francese massacra uomini che hanno viaggiato per giorni, per raggiungere un posto in cui la parola lavoro ha ancora un significato. Il posto si chiama Aigues-Mortes. Il lavoro consiste nel trasportare pezzi di sale in una terra bianca che assomiglia a certe illustrazioni del Paradiso. Rosarno è vicina.
«Gli italiani cominciano ad esagerare con le loro pretese. Presto ci tratteranno come un Paese conquistato. (…) Fanno concorrenza alla manodopera francese e si accaparrano i nostri soldi a vantaggio del loro Paese.»
Le Mémorial d’Aix, 20 agosto 1893.
«Il decremento della natalità, il processo di esaurimento della nostra energia (è da cent’anni che i nostri compatrioti più attivi si distruggono nelle guerre e nelle rivoluzioni) hanno portato all’invasione del nostro territorio del nostro sangue da parte di elementi stranieri che s’adoprano per sottometterci.»
Maurice Barrès, Contre les étrangers, agosto 1893.
«Contro un’orda di affamati che a casa loro languiscono nella miseria.»
La Lanterne, 28 dicembre 1893.
«Vittoria della nostra identità, una squadra che ha schierato lombardi, campani, veneti o calabresi, ha vinto contro una squadra che ha perso, immolando per il risultato la propria identità, schierando negri, islamici, comunisti.»
Roberto Calderoli, a proposito della vittoria della nazionale di calcio italiana contro la Francia nella finale dei Mondiali 2006.
L’orrore ti fa a pezzi
Maggio 3, 2012 § Lascia un commento
1998. Guatemala.
Quattro uomini escono dalle loro case prima dell’alba. Il primo vive in una strada di case bianche e cancelli grigi. Il secondo vive in una villa su una collina, da dove può vedere i quartieri poveri dove le case sono bianche e i cancelli grigi. Il terzo vive fuori città, in un capanno per gli attrezzi, accanto a un lago artificiale dove abbondano le carpe. Il quarto non si sa dove viva. « Leggi il seguito di questo articolo »
Fottuto Mengele su Cadillac #2
aprile 30, 2012 § Lascia un commento
So perché racconto questa storia. Nessun altro potrebbe.
La storia inizia con due gemelli monozigoti. Stanno giocando nella camera da letto dei loro genitori. Hanno sette anni, sono alti come la tacca segnata sul muro in cucina, sono biondi e hanno gli occhi verdi. Stanno infilando le mani nell’armadio dei genitori. Da una parte, a sinistra, ci sono i vestiti della madre, le camicette, i tailleur, le gonne. Dall’altra, a destra, i pantaloni del padre, le camicie, i pullover, le giacche. Il gemello A si sbottona i pantaloni e li lascia cadere a terra. Si infila una gonna blu. Il gemello B lo aiuta con la cerniera lampo. Il gemello A chiede al gemello B come sto? Il gemello B sceglie una giacca di velluto marrone, la indossa dicendo benissimo. Il pomeriggio è freddo come l’inverno che ha raso al suolo il prato di fronte a casa. Gli alberi dal tronco bianco aspettano la lama delle cesoie e la brace del camino. « Leggi il seguito di questo articolo »
Eclissi – un mio inedito su www.terranullius.it
febbraio 14, 2012 § Lascia un commento
«Lui si spezza la schiena nei ristoranti tristi del litorale, in quei locali vuoti e languidi d’inverno e intermittenti d’estate. Li riconosci dai parcheggi in terra battuta e dalle tettoie di canne gialle che il vento fa sbattere sui pali d’acciaio. D’estate i grandi acquari piazzati nelle terrazze si riempiono di pesci grigi. La gente si siede e indica un pesce. Il padre chiede al figlio di imitarlo. Così tutti indicano i pesci, e i pesci boccheggiano prima di morire.»
Leggi il racconto: http://www.terranullius.it/home/index.php/racconti/269-eclissi-marco-lupo.html
Il mio amico Carlo Carli
dicembre 11, 2011 § 2 commenti
Una volta io e il mio amico Carlo Carli eravamo molto amici. Dicevamo sempre “l’altra sera non sai cosa è successo” e “poi com’è andata a finire l’altra sera?” e uscivamo dalle case popolari in cui i nostri genitori si erano riuniti con altri genitori per esercitare il diritto alla casa, quello che secondo i nostri genitori era un diritto universale e inalienabile, proprio come le nostre uscite serali, proprio come i nostri discorsi pieni di racconti e carichi di arrotondamenti. (continua se digiti sul link)
http://www.terranullius.it/home/index.php/racconti/178-il-mio-amico-carlo-carli-marco-lupo.html
TRE DOMANDE PER MATTEO PERICOLI – una breve intervista di Marco Lupo
novembre 11, 2014 § Lascia un commento
Libreria Internazionale Luxemburg
Tre domande per Matteo Pericoli
1.
Per riuscire a focalizzarsi su quanto la forma e l’architettura siano presenti in un romanzo, basterebbe leggere uno stralcio a caso da un romanzo di Robert Stevenson, di Oscar Wilde, di Dickens. John Ruskin, critico d’arte del periodo Vittoriano, era convinto che gli scrittori e gli architetti fossero artigiani che lavoravano spinti dallo stesso principio: dare una forma personale al tempo e allo spazio.
L’idea delle finestre di Matteo Pericoli si riconnette alla meravigliosa tradizione letteraria e architettonica degli ultimi due secoli, estendendola in uno spazio limitato eppure infinito; lo sguardo. Matteo, come sono nate le finestre degli scrittori che hai disegnato?
MATTEO PERICOLI
Sono nate, come probabilmente tutti i miei progetti, da un desiderio, da una curiosità, da una cosa piccola che poi è cresciuta. Guardando indietro, mi pare di intravedere una sorta di percorso che può quasi apparire lineare e causale, voluto…
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Fuga dal Campo 14
novembre 4, 2014 § Lascia un commento
Ho conosciuto un sopravvissuto che mi ha piegato la pelle, che mi ha parlato come può fare un sopravvissuto con un salvato. Io sono salvato, sono pulito, sono nato libero e mi arrovello su faccende facili, a volte difficili, ma mai terribili. Io non discuto di morte. Io non convivo con aguzzini e non conosco carnefici. Io non ho visto uomini che imbracciano fucili per colpire donne e uomini che moriranno. Io non tradisco per un piatto di cavoli stufati. Io non so che cosa significa farlo. Io non conosco il bruciore improvviso degli elettrodi sulla mia pelle. Io ignoro le umiliazioni, le marce forzate, le dita spezzate nei canali a forza di scavarli. Io ho paura, ma la natura della mia paura è comprensibile a molti. Io non conosco una paura che ti toglie lo spazio e ti impone di nascere per essere schiavo in un presente parallelo al mio. Io non capisco la legge dei tuoi occhi. Dicono che un sopravvissuto abbia un marchio tatuato sulla fronte. Dicono il vero e dicono il falso.
“Fuga dal Campo 14” è la mia preghiera per Shin Dong-hyuk, l’unico essere umano che sia riuscito a fuggire dal Campo 14, un incubo grande quanto Los Angeles tra le pianure nordcoreane.
Il link al pezzo completo: http://www.terranullius.it/terranullius/narrazioni/39-bloodbath/633-fuga-dal-campo-14
Articolo 1 – Albeggi edizioni
settembre 9, 2014 § Lascia un commento
Seconda antologia poetica della Rome’s Revolutionary Poets Brigade, curata da Alessandra Bava e da Marco Cinque e dedicata al lavoro di Jack Hirschman. La prefazione è a cura di Agneta Falk.
http://www.albeggiedizioni.com/ARTICOLO1.html
Tra le altre, un mio poema. Qui un breve stralcio:
“R. era alto come gli alberi piantati in piazza dei Caduti
G. aveva sempre le mutande sporche
A. era una donna nel corpo di un uomo
io avevo sempre un inalatore in tasca, e arrossivo
R. aveva un padre che picchiava la madre che aveva lasciato il padre
G. era il figlio di una ricca famiglia di ottici con la vista da aquila
A. era il fratello minore di un fratello affetto da un morbo chiamato morbo
io ero nato in un paese con il senso di colpa e non parlavo il loro dialetto
R. veniva picchiato dal fratello maggiore che era stato picchiato dal padre
G. aveva un campo di calcio in un giardino e d’estate facevamo il bagno in una piscina pieghevole
A. viveva in un appartamento con le persiane gialle che odorava di candeggina
io la sera guardavo mio padre che collezionava fatture e sussurrava vendette”
Uno stralcio, una bozza, un frammento
settembre 7, 2014 § 7 commenti
«Lei è mai vissuto in un’epoca che non fosse di transizione?»
Péter Esterházy, Il libro di Hrabal
Parlandone socchiudeva gli occhi e abbassava la voce. Diceva cose sulla divisa, sul fatto di essere in un territorio nuovo, barbaro. Diceva che la divisa ti cambia. La divisa del lavoratore che viene indossata, diceva, è un territorio vergine di cui non puoi immaginare i confini. Devi fare uno sforzo di immaginazione. Oppure dovresti provare. Diceva, provare significa indossare la divisa blu o la divisa gialla, partire da casa con la preoccupazione della divisa pulita, in ordine. Questo è il primo passo. L’ultimo passo è tornare a casa con la preoccupazione di lavare la divisa, di fare in modo di avere due divise. Una la passa l’azienda per cui lavori, l’altra la acquisti. La sera, dopo il turno, dopo le ore di lavoro che hanno un limite che può essere sempre travalicato, torni a casa e lavi la divisa usata. La lavi nella vasca da bagno, in ginocchio, e sfreghi il sapone sulla stoffa all’altezza delle ascelle, sul colletto già emaciato, sul tessuto che farai asciugare sul termosifone acceso. I passi da fare sono tanti, tra la divisa appena indossata e la divisa che stai per lavare. I punti attraversano tutti la stessa retta, lo stesso campo. « Leggi il seguito di questo articolo »
Una visita a Pasternàk – Angelo Maria Ripellino
agosto 7, 2014 § Lascia un commento
Una visita a Pasternàk*
Conobbi Evtušenko a Mosca la sera del 14 settembre 1957. Il giovanissimo poeta, dagli occhi irrequieti, arruffato e impetuoso, irruppe nella mia stanza d’albergo per condurmi da Zabolockij. Gli si era sdrucita in un punto la fodera della giacca, e per prima cosa si sforzò di convincermi che Chlébnikov, al suo posto, l’avrebbe stracciata tutta, estraendola come pelle di serpente. Nell’auto che ci portava da Zabolockij prendemmo a discorrere dei poeti scomparsi nei Lager o perseguitati. E a un tratto entrò nel dialogo la magica immagine di Pasternàk. Decidemmo d’un colpo di fargli visita senza preavviso, a Peredélkino, il giorno seguente. A quei tempi circolava per Mosca questo epigramma di Evtušenko: «Sempre di più la critica ritiene – il Pasternàk astruso per la gente, – ed io invece lo comprendo bene: – che del popolo io sia più intelligente?».
Il 15 settembre, alle tre del pomeriggio, correvamo su una «Zis» verso Peredélkino. La strada passava fra densi boschi di bianche betulle. Era domenica e giovani coppie ballavano sul verde dei prati, al suono di fisarmoniche.
All’ingresso della dacia, che ormai sembra far parte d’una topografia onirica, incontrammo la moglie del poeta, in un nero vestito all’antica, da cui pendeva una nera corda di stoffa: il contegnoso vestito e i capelli tinti di nero le davano l’aria d’una stanca diva del muto. Due cani abbaiarono. Poi, come scollandosi dal tronco di un albero, apparve Borís Leonidovič Pasternàk in giacca di tela azzurra e calzoni di tela color latte: cordiale, con gli occhi sgranati, barcollante come un sonnambulo.
Riconobbe subito Evtušenko, e gli chiese se io fossi un poeta georgiano. Non c’eravamo mai visti, sebbene mi avesse inviato alcune lettere in risposta ai miei dubbi e quesiti, chiarendomi, mentre lo traducevo, le zone oscure dei suoi versi, le allusioni indecifrabili. Quando Evtušenko gli disse il mio nome, mi abbracciò alla russa, effondendo un torrente di generose espressioni. Passeggiammo per più di mezz’ora dinanzi al poggiolo adorno di violacciocche. Si lasciò fotografare, assumendo un aspetto accigliato. Sentivi che recitava il suo personaggio, che si muoveva fra quella natura smagliante, come fra le quinte di un palcoscenico. « Leggi il seguito di questo articolo »
Torino, Libreria Luxemburg: venerdì 11 luglio, alle 18, presenteremo “Un giorno triste così felice” di Lorenzo Iervolino, edito da 66thand2nd
giugno 26, 2014 § Lascia un commento
Lo speciale su TerraNullius con i link alle recensioni:
http://www.terranullius.it/home/index.php/editoriali/609-editoriale-maggio-2014.html
Dalla recensione di Gabriele Santoro uscita su minima&moralia:
“Ai dirigenti del Botafogo, che gli proposero il primo contratto professionistico, rispose senza tentennamenti: «Voglio diventare… un medico, e fare la mia parte per un Brasile democratico». Lo stipendio era funzionale al pagamento dell’università, e si laureò. Quel ragazzino, alto e magro, illuminava il gioco del calcio, che era una questione di ribellione, allegria, passione e fratellanza. Il gioco degli inglesi reinventato come attività artistica. Disegnava, con il pensiero e poi con il piede, traiettorie inimmaginabili per gli altri; dotato di un’intelligenza e una coscienza critica fuori dal comune. Leggeva, e amava, i grandi pensatori e filosofi greci quanto le opere di Jorge Amado e Gabriel Garcia Marquez. «Dovrebbe giocare di schiena con quel tacco che ha», sosteneva Pelé. Lui: «Colpivo la palla di tacco per farvi innamorare, mai un colpo inutile perché la bellezza è un bene necessario».
http://www.minimaetmoralia.it/wp/un-giorno-triste-cosi-felice-lorenzo-iervolino/
“Ser Campeão é Detalhe” (“Essere campione è un dettaglio”) è un documentario sulla Democracia Corinthiana. Dante Di Domenco lo ha tradotto e sottotitolato per Fútbologia.:
http://www.youtube.com/watch?v=U6QrBlexbWk
Il link per visitare le pagine dell’editore:
http://lnx.66thand2nd.com/libri/un-giorno-triste-cosi-felice/
Tallulah, Louisiana (quando Sherwood Anderson ascoltò la storia degli italiani linciati a Tallulah)
aprile 12, 2014 § Lascia un commento
“L’uomo ha una foresta nel nome: una quercia maggiore millenaria e una leggenda. Si è occupato di vernici, ha scritto lettere da Cuba durante una guerra, ha bevuto birre in un chiosco a Chicago per ore e ha parlato di come dovrebbe essere la vita senza il lavoro con tedeschi, irlandesi, inglesi e polacchi: nelle notti trascorse sui tavoli hanno discusso su quanto sia difficile scrivere e dipingere con una mano sul pomello della porta, sperando che i bambini non si sveglino, implorando tua moglie per un’ora di silenzio, dichiarandosi vinti ogni volta che una preghiera muta si rivelava irrealizzabile, ogni volta che un sorso di vino o una pinta di birra in più li spingeva ad urlare e a fare della lingua un ponte per trasportare la rabbia che li nutriva nei sogni, quando si vedevano chiusi nelle bolle di sapone trasparente, in volo su città inesistenti ma simili alle loro minuscole province, dove le case perdevano pezzi se non li ricucivi e dove i bambini piangevano se non li cullavi.
Il treno trasporta soldati e mercanzie come botti di birra e stoffe da rivendere nelle mercerie. Il treno attraversa lo stato libero dell’Ohio. In questa giornata fredda l’uomo che ascolta la storia si chiama Sherwood Anderson. Ha avuto modo di presentarsi all’uomo che gliela racconta nelle prime ore del viaggio: hanno condiviso il pane che uno dei due aveva acquistato da un fornaio senza un occhio, a qualche centinaio di metri dalla stazione di partenza; hanno bevuto dalla stessa bottiglia trasportata su strade sterrate e su fiumi; si sono raccontati storie di quando erano bambini e di come non lo sono più stati; hanno snocciolato nomi di persone ormai morte e nomi di persone mai riviste e hanno descritto i particolari dei lori visi e le circonflessioni delle loro lingue.”
Questo pezzo è uscito su TerraNullius, nella rubrica “Santi, eroi & scrittori“. Il link al pezzo completo: http://www.terranullius.it/terranullius/narrazioni/38-santi-eroi-a-scrittori/601-tallulah-louisiana-marco-lupo
Incontro con Gianfranco Calligarich
novembre 25, 2013 § Lascia un commento
Incontro con Gianfranco Calligarich
“Mi pare che gli scrittori si leggano tra di loro, mentre sono convinto che uno scrittore vero debba vedersela solo con gli scrittori morti.” Il mio incontro con Gianfranco Calligarich durante la II edizione del Flep! – Festival delle Letterature Popolari.
http://www.terranullius.it/terranullius/flep/563-incontro-con-gianfranco-calligarich
La malora di Beppe Fenoglio. Una lettura per la Biblioteca essenziale
novembre 21, 2013 § Lascia un commento
La malora di Beppe Fenoglio. Una lettura per la Biblioteca essenziale
Uscì nel 1954, nella storica collana “I gettoni”, due anni dopo I ventitre giorni della città di Alba. Fu presentato da Vittorini come un libro «per molti aspetti piú bello».
FLEP! Festival delle letterature popolari, dal 19 al 22 settembre, Roma
settembre 9, 2013 § Lascia un commento
Salvador Elizondo. Scrivo che scrivo.
luglio 28, 2013 § 2 commenti
Scrivo. Scrivo che scrivo. Mentalmente mi vedo scrivere che scrivo e posso anche vedermi vedere che scrivo. Mi ricordo che già scrivevo e anche che mi vedo scrivere che scrivevo. « Leggi il seguito di questo articolo »
Kafka, Cortázar, Bolaño e TerraNullius
luglio 26, 2013 § Lascia un commento
1883 – 1914 – 1953 – 2003 – Si chiude il calciomercato. La squadra del Flep! presenta i nuovi acquisti.
Un praghese, un argentino, un cileno, il vivaio romano. Quattro magliette celebrative per quattro anniversari. Quattro magliette e una borsa di tela per i tuoi libri: acquista le magliette e sostieni la squadra del Flep!
In prevendita da ieri su http://www.flep.tk
Scrittori che organizzano un festival di letteratura
luglio 16, 2013 § Lascia un commento
Scrittori che organizzano un festival di letteratura.
Sembra una di quelle storie in cui succede di tutto, in cui due degli organizzatori scompaiono durante la cerimonia di apertura, in cui nella seconda giornata accade qualcosa di incomprensibile che nessuno dei presenti potrà comprendere, in cui il terzo giorno è pieno di acqua che gronda sui vetri della serra e in cui gli scrittori invitati parlano una lingua viva che ad alcuni sembra già morta; il quarto giorno inizia molto presto, con la luce che cresce e filtra attraverso i roseti e le piante esotiche di cui nessuno dei presenti conosce i nomi.
Qualcuno degli scrittori penserà a Rigoni Stern e a Calvino. Qualcun altro a quel greco che scrisse di un ragazzo che si innamorò di una pianta. « Leggi il seguito di questo articolo »
FLEP! 2013 – Festival delle letterature popolari, Roma, dal 19 al 22 settembre
luglio 15, 2013 § Lascia un commento
Il portale del Flep!:
Qui puoi scaricare il programma completo del festival:
http://www.terranullius.it/flep/wp-content/uploads/2013/06/flep2013programma.pdf
Qui trovi il Press kit ufficiale:
http://www.terranullius.it/flep/wp-content/uploads/2013/06/press_kit_flep2013.zip
Angelo Morino
luglio 5, 2013 § Lascia un commento
In un’intervista di Ilide Carmignani, Angelo Morino racconta:
“Avevo conosciuto un traduttore dallo spagnolo molto noto allora, adesso scomparso: Enrico Cicogna, nel cui curriculum c’era la versione italiana di Cent’anni di solitudine. « Leggi il seguito di questo articolo »
“Vite che non sono la mia” di Emmanuel Carrère: una recensione
giugno 23, 2013 § Lascia un commento
“Non sono molte le fotografie che raccontano il terremoto calabro-siculo del 1908. Ma esistono medaglie commemorative, litografie, illustrazioni, e parlano una lingua terrestre che dice cose terribili in un tempo assurdamente breve: trentasette secondi per uccidere centoventimila persone, meno di un minuto per generare un’onda che arriva quando il silenzio raggiunge un apice sconosciuto; accade che il mare prima sospira e poi aspira, e spazza via le città e livella il suolo come se fosse un frigorifero lanciato su un’aiuola di margherite. Le fotografie aiutano a capire la sottrazione improvvisa, e dimostrano che ogni volta è la stessa tragedia a far tremare la terra e a lanciarle contro acqua che pesa come piombo.” « Leggi il seguito di questo articolo »
Roma, Fuga de capitales
giugno 20, 2013 § Lascia un commento
“Gli avevano raccontato la storia delle sorelle per dargli un’idea generale di quella città, un’idea che fosse una sintesi e una morale. Gli dissero che le sorelle erano nate lo stesso giorno, e che nessuno sapeva quale fosse la più vecchia, e gli dissero anche che avevano imparato a nuotare da vecchie, per cercare vestiti sul fondo del fiume.” « Leggi il seguito di questo articolo »
“Ultimo parallelo” di Filippo Tuena: una recensione
giugno 19, 2013 § Lascia un commento
“La storia della morte del capitano Robert Falcon Scott e di altri quattro uomini scelti per conquistare le ultime miglia che li separavano dal Polo Sud non sarebbe stata raccontata se una spedizione organizzata otto mesi dopo il loro decesso non avesse trovato la tenda imbalsamata da uno strato di ghiaccio, i corpi inghiottiti dalla fame, dallo scorbuto e dal sonno polare, i libri che li avevano accompagnati, gli oggetti che avevano allungato la loro sopravvivenza, i diari che avevano ricordato a quegli uomini perduti e affondati nel pack la vita morbida e il calore degli interni di casa, e soprattutto una macchinetta fotografica.” « Leggi il seguito di questo articolo »
Il massacro di Aigues-Mortes
Maggio 31, 2013 § Lascia un commento
La Staffetta – Storie ribelli e cronache perdute
Quarta Puntata: IL MASSACRO DI AIGUES-MORTES
testo e voce di Marco Lupo
colonna sonora a cura di Marco Laudando
illustrazione di Veronica Leffe
da un’idea di Lorenzo Iervolino e Massimiliano Di Mino
una produzione Terranullius Narrazioni Popolari in collaborazione con RadioKairos « Leggi il seguito di questo articolo »
IL MASSACRO DI AIGUES-MORTES
Maggio 17, 2013 § Lascia un commento
testo e voce di Marco Lupo
colonna sonora a cura di Marco Laudando
illustrazione di Veronica Leffe
Domani, alle 14:30, in diretta su http://www.radiokairos.it/?p=3786 e su su Radio Kairos 105.85 FM.
1893. Un numero impreciso di operai italiani (tra i quattordici e i novanta) viene assassinato in un’esplosione di violenza xenofoba. La popolazione di un piccolo paesino francese massacra uomini che hanno viaggiato per giorni, per raggiungere un posto in cui la parola lavoro ha ancora un significato. Il posto si chiama Aigues-Mortes. Il lavoro consiste nel trasportare pezzi di sale in una terra bianca che assomiglia a certe illustrazioni del Paradiso. Rosarno è vicina.
un’idea di Lorenzo Iervolino e Massimiliano Di Mino
una produzione Terranullius Narrazioni Popolari –
http://www.terranullius.it
I santi. Tre frammenti
Maggio 15, 2013 § Lascia un commento
Un racconto a sei mani di Luciano Funetta, Lorenzo Iervolino e Marco Lupo.
“Ogni volta che uno di noi partiva gli altri si incontravano. Ci vedevamo sempre negli stessi posti. Una piazza, un vecchio bar, lo scantinato di un vecchio palazzo. Qualcuno agitava le braccia perché era troppo stanco per parlare e qualcuno parlava troppo perché era troppo nervoso per tacere. Ci incontravamo per guardarci in faccia, per predire chi sarebbe partito per primo e chi per ultimo, per fantasticare sulle strade da percorrere nella fuga, per disegnare copie di mappe che nascondevamo ovunque, tranne che nelle nostre soffitte.”
Racconto di Natale – Storia delle suole incise
dicembre 24, 2012 § Lascia un commento
A Dora
Ed eravamo nella piena di un’inondazione terribile o davanti a una cascata in miniatura, in uno di quei parchi in cui i prati sono fatti di fili sintetici verdi e agli angoli uomini vestiti di giallo vendono fotografie per qualche moneta di rame. Eravamo fermi e non lo eravamo, come nei sogni in cui siamo noi e non lo siamo, come quando un corpo si avvicina e unisce le traiettorie dello sguardo e dice qualcosa o gesticola soltanto, mentre è talmente vicino da sembrare solo uno spettro di corpo, e arricciamo le labbra perché ci fa sentire strabici o soltanto stanchi o persino morti o arrangiatevi voi.
Eravamo nelle piazze che riproducevano quadri di nature morte in cui i gatti e le fontane assaltavano il mercato, e a nessuno veniva in mente di abbassare lo sguardo.
Eravamo così vicini all’inondazione terribile da non riuscire più a vederci. Eravamo solitari e tristi e spenti e con i mozziconi freddi nelle pattumiere.
Eravamo senza marmellata e guardavamo servizi televisivi in cui qualcuno seguiva qualcuno. Eravamo talmente giovani da sembrare scemi. « Leggi il seguito di questo articolo »
Nestore querelato – Il mio intervento sull’Ilva al RedReading #2, 10 dicembre, Teatro Argot
dicembre 18, 2012 § Lascia un commento
“Per esempio la breve storia di due uomini che indicono una conferenza stampa per invertire la tendenza in ossequio alle norme ufficiose delle conferenze stampa. Dare un’informazione. Dire ciò che in pochi sanno, che in pochissimi dicono. Dire che la parola fabbrica a Taranto, in Italia, nel 2007, significa 665 chilogrammi di mercurio disciolti nelle acque dei pescatori, dei bambini con le labbra sempre livide, dei pesci che ignorano la parola. Che 1385 chilogrammi di mercurio sono dispersi nell’atmosfera, che è di tutti, dei bambini con il moccio incrostato come degli assassini. Dicono, questi due uomini con le loro salive scintillanti, che il 62,5% di tutto il mercurio proveniente dalla grande industria in Italia è un marchio DOC tarantino.”
Nella terra degli uomini liberi
novembre 26, 2012 § 1 Commento
Casa mia è dall’altra parte del ponte, dalla parte delle baie, accanto a vecchi palazzi di vecchie case popolari a cui hanno munto la vernice da decenni, dove i bambini prendono il fresco stesi sulle carcasse di zip e atalamaster arrugginiti. L’orizzonte è una parete liscia e azzurra. Lontano, a centinaia di chilometri dal suono cronico dei condizionatori, si vede un muro di nuvole che sembrano immobili. Nessuno lo mette in dubbio. Lo scirocco bagna la pelle. Riscalda l’acqua delle insenature. La tramontana asciuga il sudore. Porta correnti fredde a riva. Porta polveri rosse nell’acqua che trema e traspare. « Leggi il seguito di questo articolo »
Luciano Bianciardi è morto senza sparare – Santi, eroi e scrittori
novembre 21, 2012 § Lascia un commento
Il tempo è quello giusto, che ci siano Andreotti, Berlusconi o Monti al potere. Il tempo è quello giusto perché Bianciardi, in Aprire il fuoco, sfodera la delusione per le rivoluzioni italiane sedate, per i partigiani epurati dopo la seconda guerra mondiale, per il sessantotto affetto da “infantilismo tattico”, per l’odore di morto che emanano la DC e i suoi emissari. Spostando i moti di Milano, Le Cinque Giornate, nel 1959, Bianciardi comprime nello stesso tracciato spazio-temporale eroi risorgimentali e personaggi della contemporaneità. E come nel celebre “Ma l’amor mio non muore”, lo scrittore maremmano consiglia strategie pratiche per la rivoluzione: «Lasciate perdere broletti, palazzi del governo e anche le università, ragazzi, pensate alle banche».
Noi che non siamo figli della guerra e che non abbiamo marciato con gli operai e che non ci siamo sporcati le mani con i volantini ciclostilati, oggi noi siamo i figli illegittimi di Bianciardi. Alcuni di noi fanno il “lavoro culturale”, altri si limano le impronte digitali per inviare curricula differenziati, altri non sono pervenuti. Oggi noi non siamo. Domani noi non ci saremo. Forse dovremmo ricominciare a esserci.
Silvio D’Arzo e Juan Rulfo. Di un triste ridicolo
ottobre 28, 2012 § Lascia un commento
“Tra la maledizione dei poveri e le fantasie del possibile, questi due narratori hanno evitato facili scelte stilistiche. Emersi da decenni di sangue e fame, hanno postulato una letteratura che è invenzione e taglio, che si scopre umana nella sua claudicanza, che ignora qualsiasi postura ideologica e dedica ogni energia agli abusivi della vita.”
Da lunedì, per LiberAria Editrice, è in vendita il primo di una trilogia di racconti: John Cassavetes è morto.
ottobre 16, 2012 § 1 Commento
Torino-Sansicario-Torino (29-31 agosto 2012)
settembre 6, 2012 § Lascia un commento
29 agosto.
Le montagne hanno picchi altissimi. Toccano i 3000 metri. Fortini che ricordano storie di vecchie guerre, di cannoni francesi che esplodono in anticipo sul pranzo. Il confine è vicino.
Il rifugio Levi-Molinari è piccolo, accogliente. Tavoli e panche di legno. Peccato per le finestre rifatte. Un tizio che parla di multiculturalismo. Una torta alle mele, grazie, e tè in abbondanza. 1870 metri. Una famiglia con due pad, due bambini, una madre e un ragazzino attraversa il bosco. Due muli brucano il verde. Hanno grosse campane appese al collo. Ci chiediamo se non soffrano. Tutto quel rumore in quell’isola di silenzio. Non si sentono neanche gli uccelli. La Val di Susa è qui. Chiomonte è poco più sotto. Da qualche parte, a qualche chilometro, c’è Sansicario. 1600 metri. Il monte Chaberton ha la sommità grigia. Grandi croste di materia che scavano lunghi solchi perpendicolari ai boschi. Al mattino branchi di nuvole. La sera, quando piove, danno l’impressione di cose dense che salgono. Oggi è il compleanno di Michael Jackson. « Leggi il seguito di questo articolo »
Ritratti brevi schifosi #2 – Thomas Wolfe
giugno 20, 2012 § 1 Commento
Thomas Wolfe scrisse che «un culto è una religione senza potere politico».
Essere ossessionati da uno scrittore come Wolfe è una cosa da scrittori. Una specie di culto. Uno di quei culti sotterranei che si inibiscono al contatto con l’ossigeno, restii a farsi vedere, vampireschi e solitari. Ma Wolfe merita la luce. La merita per molte ragioni. Una su tutte il modo in cui è morto. « Leggi il seguito di questo articolo »
Il corpo estraneo – Marco Montanaro
Maggio 28, 2012 § 1 Commento
Sulla Casilina, all’altezza di un bar, tra i binari della linea Laziali-Giardinetti e la ferrovia che buca il Mandrione, c’è un palazzo costruito nel ’36. Al terzo piano del palazzo, dopo una crosta di vernice e uno scalino scheggiato, ci sono tre appartamenti. In quello a sinistra ho vissuto. In quello al centro ho parlato. In quello a destra ho vagato. In quest’ultimo, nel 1989, Mario Monicelli ha girato gli interni de Il male oscuro. « Leggi il seguito di questo articolo »
Recensione de “Il giocattolo rabbioso” di Roberto Arlt
Maggio 27, 2012 § 2 commenti
Da Antigone a Storia di una caduta: Sofocle, Malcolm Lowry, Stefan Zweig
Maggio 27, 2012 § Lascia un commento
Recensione multipla: Da Antigone a Storia di una caduta.
Recensione doppia: “L’ultima estate in città” e “Privati abissi” di Gianfranco Calligarich
Maggio 27, 2012 § Lascia un commento
Recensione doppia: “L’ultima estate in città” e “Privati abissi” di Gianfranco Calligarich.
Racconti usciti su Scrittori precari, Doppiozero, Pastiche, Cadillac
Maggio 27, 2012 § Lascia un commento
Su Scrittori precari:
– Carta taglia forbice (racconto frammentario diviso in tre parti):
Parte prima – I paragrafi della terza persona:
1;
2;
3;
4;
5.
Parte seconda – I monologhi della prima persona:
6;
7;
8;
9.
Parte terza – I dialoghi delle persone:
10;
11;
12.
– Storia del giudizio universale così come l’ho visto io;
Su Doppiozero:
– Napoli – Buenos Aires – Tor Pignattara.
Su Pastiche:
Su Cadillac:
– Fottuto Mengele (giù uscito su Scrittori precari).
Per la Biblioteca essenziale, il Pedro Páramo di Juan Rulfo
Maggio 9, 2012 § Lascia un commento
Il poeta messicano Octavio Paz disse che Rulfo è “l’unico romanziere messicano che ha fornito un’immagine – piuttosto che una pura descrizione – dei nostri dintorni fisici”. La moderazione per Octavio Paz è come il dito puntato per i nani: magnetismo e nausea. Ma le parole del premio Nobel, su questo libro purtroppo ignorato dall’arcipelago dei lettori, sono dattiloscritte negli archivi della letteratura e lasciano filtrare uno spiffero che può scivolare nelle stanze degli ammalati, nelle biblioteche svuotate, nelle carceri dove le storie ammuffiscono sulla pelle.
Luciano Funetta – Nel sogno è notte
aprile 26, 2012 § Lascia un commento
Lupo,
nel sogno è notte.
Nel sogno il caldo ci bagna le tempie di sudore. Nel sogno ci sei tu e c’è Malcolm Lowry. Nel sogno c’è un paese disabitato costruito ai bordi della strada che è la nostra strada, una strada con l’asfalto sfondato che ci aveva fatto perdere il controllo del camper. Nel sogno guardiamo il camper distrutto contro il tronco di un albero. Malcolm Lowry sferra calci nella polvere. Nel sogno dici che ci sono gli animali, e che gli animali, anche se siamo perduti e poveri, ci temono. Io non capisco. « Leggi il seguito di questo articolo »
Da oggi è possibile acquistare in anteprima “Mai Morti” sul portale di Dissensi edizioni. Sarà in libreria solo da metà maggio, approfittate!
aprile 12, 2012 § Lascia un commento
http://www.dissensi.it/content/libri/mai-morti.html
Mai morti è a cura di Marco Lupo e Luca Moretti
Prefazione di Giancarlo De Cataldo
Illustrazioni di Veronica Leffe « Leggi il seguito di questo articolo »
“Ricorda con rabbia” di John Osborne, recensito per la Biblioteca essenziale
marzo 28, 2012 § Lascia un commento
“Il giovane Osborne, l’arrabbiato Osborne, il giovane arrabbiato Osborne, disegna la bava di una generazione che si sente presa per il culo, derubata dal governo, manipolata dalle omelie di vescovi che incitano alla fabbricazione di bombe H, un’accolita di coetanei che si sente espulsa, che vede il mondo cambiare mentre le buone cause si estinguono e a loro non resta che il nulla, il velluto del cinismo, la coppia come anestetico.”
Andrea Pazienza – Campofame
marzo 13, 2012 § 1 Commento
Se qualcuno avesse tolto l’eroina a Burroughs, forse non l’avremmo mai letto. Questa supposizione è debole e lascia il tempo che trova. Vale lo stesso per quelli che paragonano Pentothal a Pompeo. Per quelli che dicono, Andrea è morto perché in un’ora bruciava l’energia che una persona qualsiasi brucia in un anno. Lascia il tempo che trova. Andrea Pazienza non è il ’77, ma è Frigidaire, Cannibale, Il Male, Tango. Paz è quello che diceva, non voglio fare quadri per poi finire nel salotto di un farmacista. Come Arthur Cravan, il poeta boxeur. La stessa fedeltà dada alla vita, lo stesso corpo allungato. Se è vero che i borghesi hanno una gran paura di Dio e dell’uccello, è anche vero che Pazienza è diventato una reliquia da servizio sottiletta nell’edizione post-prandiale del Tg2. Vincenzo Mollica gli ha rubato l’eroina per farne un eroe da supermercato. L’ho detto.
Leggi l’articolo completo su TerraNullius:
Istruzioni per una casa in cui vorrei abitare – Cronache dalla terra degli esseri che cercano casa
marzo 4, 2012 § 3 commenti
Da piccolo immaginavo il destino. Lo guardavo dalla grande stanza seicentesca, con la grande finestra sul giardino, con il grande freddo che ghiacciava le strade e azzoppava gli ottuagenari, nella piccola città di nome Heidelberg, con un grande castello di pietra rossa scalfita dai cannoni francesi, nella regione della Valle del Reno, nella Germania ancora divisa da un muro che faceva saltare la gente sul vuoto minato. Ero piccolo, ero stupido. Non sarei cambiato. Immaginavo il destino. Guardavo il cavaliere blu. Giuditta e Oloferne. L’uomo che guarda la valle coperta di nebbia. Il destino mi sorrideva. Avevo tutta la vita davanti e non conoscevo Virzì. « Leggi il seguito di questo articolo »
Qui il deserto fiorisce di notte
febbraio 27, 2012 § 1 Commento
Una musica che riempie
che caccia dentro i cosi
i cosi che fanno male
i cosi li chiamavamo
i cosi che spingono
i cosi che durano
i cosi duri che ti fanno firmare i moduli di licenziamento prima di essere assunto.
I cosi, insomma. « Leggi il seguito di questo articolo »
Forti, siamo più
febbraio 19, 2012 § Lascia un commento
Siamo più forti.
Più forti dei paradossi.
Più forti della bestemmia.
Più forti dei calci in culo. « Leggi il seguito di questo articolo »
La febbra
febbraio 7, 2012 § 1 Commento
La febbra è come quei tunnel spazio-temporali che hai visto nei film di fantascienza. O come la teoria degli orgoni di Reich. La febbra è un tumulo di ricordi che ti accappona la pelle, quella pelle cambiata, indurita, che ora copri con certi stracci che ti sembrano più belli. Tu non capisci niente di stracci, e neanche di bellezza. « Leggi il seguito di questo articolo »
Mio padre scriveva le poesie di notte
gennaio 24, 2012 § 1 Commento
Alla Cricca33
Mio padre scriveva poesie.
Una notte scrisse una poesia su mia madre.
Un giorno mia madre se ne andò.
Mio padre scriveva le poesie di notte. « Leggi il seguito di questo articolo »
Considera la pelle
gennaio 16, 2012 § 1 Commento
3 marzo 2008, Molfetta.
Michele Tasca, Vincenzo Altomare, Guglielmo Mangano, Biagio Sciancalepore e Luigi Farina muoiono per lavare una cisterna di proprietà delle Ferrovie dello Stato.
Erano operai specializzati.
Quello che segue è il monologo di una pelle simile ad altre pelli. Davanti alla pelle, magistrati.
Considerato che l’uomo e la donna nascono e muoiono da quando dio o l’acqua hanno sublimato la cenere, e considerato che a volte muoiono corrosi dal veleno o infiammati dalla polvere, e considerato che nel quarantottesimo anno del XX secolo si è considerato opportuno declamare una dichiarazione che considerasse i diritti considerati universali dell’animale sociale considerato inviolabile perché le galassie tremano sulla sua testa e l’orizzonte degli eventi succhia il cuore dei sogni e perché l’umano è pelle e aria e perché voi sedete oggi su pietre lavorate da questa pelle e perché i vostri figli siederanno su altre pietre lavorate dalla stessa pelle, è quindi giusto raccontare la storia di una pelle. Io sono la voce. Voi siete il giudizio. « Leggi il seguito di questo articolo »
Fanno di queste cose
gennaio 9, 2012 § 1 Commento
Fanno di queste cose:
sulla terra che è una superficie di squame e sabbia
senza riconoscere l’odore del sudore
fanno di queste cose;
perché parlare non è un reato ma lo è la gola che si sente strisciare
le vostre cose sotto vetro nelle bacheche chiuse a chiave
fanno di queste cose;
con un sigaretta infilata nel muso del rospo che respira
le vostre mani senza rabbia lo faranno esplodere
fanno di queste cose; « Leggi il seguito di questo articolo »
Acquista l’antologia CUMSHORT 2 – 1 euro e 99 centesimi
novembre 18, 2011 § Lascia un commento
Un mio racconto appena uscito sull’antologia CUMSHORT 2, edita da Caratteri Mobili.
Dieci autori, dieci nuove voci per raccontare diverse visioni dell’erotismo.
Racconti di Fernando Coratelli, Domenico Cosentino, Stefano Costa, Pietro Damasceno, Roberto Mandracchia, Letizia Merello, Marco Lupo, Ilaria Palomba, Luca Romano, Michele Sardone.
Costa 1 euro e 99 centesimi.
Scarica e godi. http://www.flows.tv/store/books/content/43|54f9c3d333b122840133b6bcdfe40010 « Leggi il seguito di questo articolo »
Corde
novembre 13, 2011 § Lascia un commento
Corde, ci vogliono più corde
per avvolgere il corpo e poi tirarlo o trascinarlo
corde più dure, corde che costino il giusto
fatte da uomini, corde così.
Così, proprio così ne hanno ammazzati tanti.
Una corda al collo,
una corda allo sterno,
una corda ai piedi. « Leggi il seguito di questo articolo »
L’autunno è una merda
novembre 9, 2011 § 1 Commento
Gli alberi restano sempre, pensa l’uomo guardando l’erba che cresce e aspetta il sole per bruciarsi, e poi di nuovo crescere e gelare.
Gli alberi hanno visto tutto. Le coppie farsi largo al buio. I bambini correre. I cani pisciare. Gli alberi sono quello che sono.
Il circo, per esempio, il circo è andato via, anche quest’anno, come sempre, da quando lui ha memoria di averne. Il circo arriva con la nebbia e se ne va con il buio. « Leggi il seguito di questo articolo »
Leggi i MAI MORTI, una rubrica di morti mai morti – solo su www.terranullius.it
ottobre 29, 2011 § 5 commenti
http://www.terranullius.it/home/index.php/rubriche/43-mai-morti/149-mai-morti-marco-lupo.html
MAI MORTI consiste in tre brevi coccodrilli di morti suicidi o morti di fame o morti di noia o morti perché non c’era bisogno di andare oltre. I tre morti, affrontati in non più di 15 righe ciascuno, sono bastardi del tempo che hanno vissuto, figli di una letteratura minore. Sono famosi o non lo sono. Sono esistiti o non lo sono. Sono scrittori o imbianchini, sono stati punti neri sulla scacchiera bianca o sono stati al margine, non importa. Ciò che importa, dei mai morti, è che il loro spirito striscia nelle nostre carcasse biodinamiche, urla nei nostri incubi, ci cura e ci maledice.
I mai morti sono i vivi di allora, quello che noi saremo per i vivi di poi.
Carta taglia forbici – romanzo d’appendice su Scrittori precari, parte seconda
ottobre 8, 2011 § Lascia un commento
Quando viene Katrina
ottobre 3, 2011 § 3 commenti
Un paio di settimane fa ho conosciuto Katrina. È piuttosto bionda, ha la pelle bianca, gli occhi verdi, e sembra una bambola di ceramica. Con Katrina ci vediamo tutte le sere alle ore 20. Per me sono le ore 20, per lei è giorno, credo. Katrina è russa, di Mosca. Ma parla molto bene l’inglese. Non ne ha bisogno, ma quando vuole lo sa parlare. Io ho un po’ di difficoltà. Noi italiani siamo scarsi con le lingue. Lo dice pure Katrina, che di italiani ne ha conosciuti tanti.
Katrina ama la musica italiana che mi chiede sempre di inviarle. A me piace molto il punk polacco e Katrina me l’ha procurato. Sono solo due settimane che ci conosciamo, ma è come se ci conoscessimo da sempre. Siamo molto intimi. Perché ci tocchiamo, ci guardiamo. A Katrina piace molto il mio dingo. Io adoro la sua spilla. È una spilla rossiccia che sembra un piccolo vulcano piatto. Katrina mette continuamente il dito nella spilla. Ci gioca mentre la guardo dalla web cam. « Leggi il seguito di questo articolo »
Un mio romanzo breve o racconto lungo a puntate. Su SP
settembre 30, 2011 § Lascia un commento
Ritratti brevi schifosi
settembre 21, 2011 § Lascia un commento
24 agosto 1999, Lecce, ore 23:15
Si chiama Carla, così si faceva chiamare. 27 anni, come tutti quelli che sono morti a ventisette anni perché erano famosi e suonavano davanti a folle oceaniche e davanti a folle sporche di fango e davanti a una folla fottutamente strafatta. Così è stato per Carla. « Leggi il seguito di questo articolo »
L’estate stava arrivando e nessuno poteva fermarla
settembre 15, 2011 § Lascia un commento
http://www.luoghicomunicollective.com/index.php?/projects/4-lestate-stava-arrivando/
Link al progetto fotografico del collettivo luoghi comuni.
https://marcolupo.wordpress.com/2011/04/26/e-nessuno-poteva-fermarla/
Link al racconto breve che dà il titolo al progetto.
Riflessioni di un custode di condominio in attesa che passi qualcuno
settembre 13, 2011 § 1 Commento
Riflessioni di un custode di condominio in attesa che passi qualcuno
Lo spazio tra la testa e il cielo può essere intervallato da superfici di nome soffitti. Non perché come pensano i romani, ma perché gergalmente, in latino volgare, si diceva suffictus, cioè conficcato, a proposito di penetrazioni, e il soffitto è una penetrazione, in quanto superficie conficcata appunto tra la testa e il cielo. « Leggi il seguito di questo articolo »
Vladimir Nabokov – introduzione alla letteratura sovietica
settembre 7, 2011 § Lascia un commento
«È difficile astenersi dal conforto dell’ironia, dal lusso del disprezzo, quando si considera il disastro che mani remissive, obbedienti tentacoli guidati dal gonfio polipo dello Stato, sono riusciti a fare di quella cosa ardente, libera e fantasiosa che è la letteratura. « Leggi il seguito di questo articolo »
ossimoro, perfetto ossimoro perfetto
agosto 31, 2011 § 3 commenti
Il tempo esce
dalle teste di pelle
esce il tempo
su strade asfaltate in agosto « Leggi il seguito di questo articolo »
Aleksandr Danilovič Grinberg (1885-1979) – il fotografo condannato a cinque anni di lager per pornografia
agosto 27, 2011 § Lascia un commento
Questa è la storia di un fotografo. Una storia del corpo, dell’immagine del corpo. La rappresentazione del corpo.
L’immagine che diventa rappresentazione di un popolo, propaganda, motore e specchio distorto di un regime che fa di ogni linguaggio un’arma. Era Stalin. Era Mussolini. Era Hitler. Era Oggi.
Dentro la grande storia, nel mosaico di piccoli uomini che si cagano addosso se la diarrea li attacca, nel compendio che ogni essere umano impara presto ad usare, ogni piccola storia ha valore, qualsiasi storia ce l’ha. Oggi come ieri. Come l’altro ieri. « Leggi il seguito di questo articolo »
Sulle pareti di una squallida stanza ammobiliata (On the Walls of a Dull Furnished Room) – Gregory Corso
agosto 24, 2011 § Lascia un commento
I hang old photos of my childhood girls –
With breaking heart I sit, elbow on table,
Chin on hand, studying
the proud eyes of Helen,
the weak mouth of Jane,
the golden hair of Susan. « Leggi il seguito di questo articolo »
Il primo giorno che torni a casa non è mai una passeggiata
agosto 20, 2011 § 3 commenti
Il primo giorno che torni a casa non è mai una passeggiata
Se dovessi stilare una lista di nomi di cose, dei nomi delle cose che orbitano intorno alla mia esilità (a essere sinceri l’ho già stilata più volte, in questi giorni, e ho anche appurato che le liste stilate al buio, nel proprio letto, con le dita dei piedi che accarezzano le dita dei piedi, quelle sono liste che attraversano il concetto di oggettività per entrare nel mondo dell’onanismo notturno, mentre quelle stilate di giorno, tra la colazione e la cena, quelle sono liste che incutono timore e mordono le caviglie del soggetto pensante che stila liste che nessuno dovrà mai vedere) dovrei aprire molte parentesi, simili a quella che precede, e dovrei anche immaginare un modo per tenere a bada il prurito che si manifesta, certe mattine, non appena apro gli occhi che cerco di schiarirmi le idee su ciò che è successo durante la notte, per esempio, e di chi sia quel bracciale d’argento che mi ha pungolato la nuca durante il sonno incerto.
Do per scontato che molti dei lettori conoscano già le parole scritte da Perec sulle liste. E do anche per scontato che la maggior parte dei lettori ignorino con una calma da serial killer e una curiosità da soggetti in stato vegetativo permanente il nome dell’autore che ho appena citato. Perec.
Questo tizio francese amava i puzzle, gli anagrammi, le etichette dei Pernod scaduti da decenni, le storie degli appartamenti popolati da personaggi bizzarri, barocchi, perechiani.
Ma Perec è morto. Nessuno legge più Perec. Nessuno ama Perec.
Volevo parlare di ritorni e invece ho scritto di liste. Le liste sono piene zeppe di parole. Alcune sono redatte con gli imperativi. « Leggi il seguito di questo articolo »
Congegni tradotti per essere mangiati – #1
luglio 23, 2011 § Lascia un commento
“The trees will always be there” would think a man watching the grass while it grows and waits for the sun to burn, grow again and finally freeze.
The trees have seen everything. Couples making their way through the dark. Kids growing. Dogs peeing.
The trees are what they are.
Take the circus, for instance. The circus has gone, this year too, and it has been like that ever since he could remember of remembering. The circus comes in the fog and leaves in the dark.
“Gli alberi restano sempre, pensa l’uomo guardando l’erba che cresce e aspetta
il sole per bruciarsi, e poi di nuovo crescere e gelare.
Gli alberi hanno visto tutto.
Le coppie farsi largo al buio.
I bambini correre. I cani pisciare.
Gli alberi sono quello che sono.
Il circo, per esempio, il circo è andato via, anche quest’anno, come sempre,
da quando lui ha memoria di averne.
Il circo arriva con la nebbia e se ne va con il buio.”
Grondo
luglio 21, 2011 § Lascia un commento
Grondo. Grondo. Grondo di sudore. Il sudore è acqua. Grondo. Grondo. Grondo di acqua. Ma se fosse acqua non gronderei. Starei fresca. Invece grondo. Di sudore. Acqua.
Facesse meno caldo mi lamenterei. Perché sono attratta dagli opposti. Facesse freddo mi lamenterei. Perché sono attratta dagli opposti. Mia sorella mi piace. È opposta. Apposta dico che mi piace. Se potessi avere il suo corpo, io. Mia sorella mi piace. Lei non gronda. Né di sudore, né di acqua. A lei il caldo piace. E le piace pure il freddo. A me no.
Giro sintetico del Mondo Cane
luglio 14, 2011 § Lascia un commento
Sono stato in Thailandia, per esempio. O a San Francisco, in un bar a forma di bara.
Sono stato nel deserto di Atacama, a nord del Cile, il deserto più arido del mondo, dove le piogge non esistono perché nessuno le registra, e se succede succede ogni 15 anni, e quando succede succede una cosa assurda, cioè il deserto fiorisce.
Ho parlato con Luis Gonzalez, scrittore nato a Tegucigalpa, Honduras, America Latina, Giungla del Cazzo, che dice di essere nato nella Comayaguela, la zona dei poveri con i denti marci e le scarpe lisce. « Leggi il seguito di questo articolo »
1a puntata di un serial letterario scadente: L’UOMO CHE VENDEVA ASPIRAPOLVERI
giugno 28, 2011 § Lascia un commento
Il vecchio e la vecchia. Li chiamano così i vicini. I vicini sono convinti che il vecchio e la vecchia siano molto più vecchi di quanto dicano di essere. Vecchi, vecchissimi. La vecchia ha la pelle ricoperta da semi di girasole. Il vecchio usa un inalatore ogni 45 secondi. Gli occhi ce li ha neri, il vecchio. La vecchia si è innamorata del vecchio per via degli occhi, dicono i vecchi superstiti, quelli che conoscevano il vecchio e la vecchia prima che invecchiassero. Il mondo era meno stronzo, dicono i vecchi. Anche il vecchio e la vecchia lo pensano. Il mondo era meno brutto. Ho conosciuto il vecchio e la vecchia una sera. « Leggi il seguito di questo articolo »
Ricorrenze
giugno 23, 2011 § Lascia un commento
La bambina aveva lo stomaco gonfio, la fronte bruciava come un fornello appena spento, il colore delle labbra cinereo.
La madre chiese al padre di fermarsi.
Dove?, chiese il padre.
Da qualche parte, fermati da qualche parte, disse la madre.
Ora?, chiese il padre.
Sì, disse la madre.
Erano fermi, ora, immobili. Le tracce lasciate dagli pneumatici precedenti tagliavano la strada sterrata.
Chiama qualcuno.
In un paese straniero, immersi nella polvere di una strada sterrata straniera, con un navigatore che parlava una lingua straniera, quasi arrivati alla casa straniera, nella città straniera, pronti per il lavoro che lo stato straniero permetteva loro di svolgere, mamma e papà inziarono a piangere.
Papà più forte di mamma.
Un acquario a colori
giugno 23, 2011 § Lascia un commento
A fine anno suo padre e sua madre annunciarono che si sarebbero separati.
Sua sorella smise di fare i compiti, lasciò il quaderno aperto sul tavolo, smise di masticare la piccola gomma rosa della matita e fissò a lungo il televisore spento.
Lui chiese al padre perché lasciava la madre e alla madre perché lasciava il padre.
È la vita, dissero entrambi. « Leggi il seguito di questo articolo »
Qui dove non sono ancora stato
giugno 7, 2011 § 1 Commento
Qui dove non sono ancora stato
Non c’è modo di dimenticare al tramonto. Il tramonto brucia la carta che hai tra le dita, infila ripetutamente la sua luce nei tuoi anfratti acquosi. Sbircia nel passato. Muove correnti che portano la notte. Gabbiani pasciuti e ancora affamati. Porta il suono dell’acqua irrigata nei giardini, accompagna il ciabattare di uomini di mezza età, camicia sbottonata dal primo al quarto bottone, maniche ripiegate con la cura del giorno, del farsi vedere.
A quest’ora lui si mangia i denti e guarda le pieghe della birra nel bicchiere. Gli amici, una setta di romantici ubriaconi, feriti e pieni di segatura, usciti di casa da poche ore, prima che il cielo si trasformasse in un acquario tropicale.
La scorta del primo ricordo lo colpisce con un upper-cut. Il mento è perfetto. Sale. Scende. Una leggerissima scossa d’assestamento. E di nuovo la stessa posizione. La birra gialla nel bicchiere, il tramonto sulla testa profumata, i piedi nudi sul terrazzo.
Da qualche parte Dies Irae. Ovunque la terra gira e insieme sta ferma.
Non sono ancora stato qui, dice la targa che mi porto in fronte. Non sono ancora stato qui, dove dovevo andare. Dove dovevo cambiare. Le cose che dovevo cambiare non sono facili da spiegare. Il lettore ha bisogno di spiegazioni. Le richiede. Smania per averne. Tra estremi aneliti. Così il mattino dopo l’uomo guarda ancora lo stesso bicchiere, i piedi nudi sul pavimento grigio seppia, la scia del liquido giallo incrosta le pareti di vetro. Dies Irae scomparso dai timpani, ma sognato nella notte fresca. La pioggia a intervalli regolari. Grondaie gocciolanti.
L’uomo guarda il fantasma che tocca la teiera mentre lui versa caffè bollente nella tazzina sbeccata. Sbeccata. Motivetti floreali. Strisce blu. Calzini. Indossare calzini.
Così, perché il lettore lo esige, succede qualcosa. Il fantasma dice di smetterla con i ricordi, smettila con i ricordi, dice il fantasma. « Leggi il seguito di questo articolo »
Cartolina del Lupo, 1 giugno, prima della festa della Repubblica italiana che è una festa molto sentita dai militari italiani che possono andare in parata sui fori imperiali con le bande musicali che suonano musiche molto molto molto
giugno 2, 2011 § Lascia un commento
Cartolina del Lupo, 1 giugno, prima della festa della Repubblica italiana che è una festa molto sentita dai militari italiani che possono andare in parata sui fori imperiali con le bande musicali che suonano musiche molto molto molto
Un giorno o l’altro noi la farem vendetta. Ho letto una volta su un libro di Paolo Nori quello che mi passava per la testa nel momento in cui leggevo quello che Paolo Nori aveva scritto:
«M’ero abituato a pensare che noi eravamo più liberi e mi sembrava un pensiero che valeva qualcosa invece lo pensavo così senza pensarci, era un pensiero che aveva il vantaggio che per pensarlo non bisognava pensarlo, era già pensato.»
La butterei via così, la mia cartolina. La butterei via se non fosse che ho ancora tempo. Sono in un albergo dove dormono soltanto turisti. Dormono a tutte le ore, mangiano a tutte le ore, e quando escono vengono truffati dai ristoratori, dai fruttivendoli abusivi, dai venditori di chincaglierie, dai finti miliziani che sorridono agli otturatori. Così tornano in albergo con i piedi che sono carcasse, il morale basso, farcito di luoghi comuni e relative conferme. Gli italiani sono bassi, prima di tutto.
Poi non sono affascinanti come si dice. Poi non sono neanche liberi. E parlano troppo al cellulare.
Franco, il proprietario dell’albergo mi ha detto che sta per essere buttato giù. Una notte i turisti verranno svegliati dall’allarme. Si ammasseranno nei corridoi. Qualcuno intanto si infilerà nelle loro camere. Una volta in strada i turisti chiederanno informazioni alla polizia. La polizia chiamerà i carabinieri.
Ora la butto via.
Via.
Via.
Cartolina del Lupo, 18 maggio, da una piazza in cui sono evidenti le tracce di un comizio elettorale
Maggio 24, 2011 § Lascia un commento
Quindi i Maya riempivano le guance dei morti con pezzi di zucca. Dice che coprivano gli occhi dei morti con monete d’oro.
Poi i Maya sono morti. Siamo arrivati noi. Però la morte esiste ancora. E i nostri funerali sono più noiosi di quelli dei Maya.
Noi siamo noiosi.
I funerali, se uno ha voglia di osservare, sono meno noiosi di quanto uno pensi. Strazianti, a volte. Irritanti, spesso. Però ci sono almeno tremila anni di funerali raccontati, da qualche parte, sui muri, sulle pergamene, sulle tavolette di argilla, sui papiri, persino nei libri.
Certo, ce ne sono di più vecchi di tremila anni, ma io non li conosco.
Il fatto è che oggi sono andato a un funerale. Ecco perché ne parlo. C’erano le bandiere, il palco, il microfono, i manifesti, c’erano i volti, le cravatte, i bambini appollaiati sulle spalle dei papà, c’erano le coppie mano nella mano, i gelati colanti, le lingue che li prosciugavano, c’erano le accolite di vecchi usciti dalle bocciofile, c’erano gli insegnanti, gli operai, gli impiegati, i commercianti, i ragazzi che hanno studiato e lavorano a tempo determinato e che tutti chiamano precari, c’era la vita, nonostante tutto.
Poi una specie di temporale ha spinto la folla verso sinistra, verso i portici.
Il vento era forte, cambiava traiettoria di continuo.
La folla si è spostata a destra.
Alla fine la gente si è arrampicata sugli alberi.
I bambini sulle cime.
Gli anziani sulle fronde.
Qualcuno ha gridato “terra”, a un certo punto, ma nessuno l’ha ascoltato.
Cartolina del Lupo, 11 maggio, da un tempo espanso e contratto
Maggio 24, 2011 § Lascia un commento
L’11 maggio del 1860 Garibaldi e i Mille sbarcano a Marsala. Ma non lo racconterò.
L’11 maggio del 1912 Marinetti pubblicherà il Manifesto tecnico della letteratura futurista. Non ne parlerò.
Bob Marley muore a Miami.
Bendandi profetizza un terremoto a Roma.
Mancano dieci giorni al mio compleanno.
Mia madre accompagna sua sorella da qualche parte.
Un vecchio mi racconta la storia di suo padre, il nonno di suo figlio.
La signora che siede all’angolo tra via x e via y mi chiede l’elemosina. Un tale sputa in faccia a un altro tale.
Uomini e donne salgono su un autobus.
La Moratti accusa Pisapia di furto.
Lavo casa. Aspetto qualcuno.
Una voce siciliana parla allo stereo.
La temperatura è di 25 gradi alle 17, di 19.5 alle 20:00, di 15.3 alle 23:00.
Ho mangiato in un posto che sembrava un fast food, e ho pensato a un posto in cui mi piaceva perdermi quando avevo 9 anni.
Ho pensato di prendere un aereo. Di guardare fuori dal finestrino, le nuvole come un tappeto sull’acqua.
Ho pensato che mio padre a quest’ora è ancora a lavoro.
Infine l’11 maggio del 1887 nacque Paul Wittgenstein, pianista, fratello maggiore di Ludwig, filosofo.
Durante la prima guerra mondiale Paul perse il braccio destro, ma continuò ad esibirsi. Morì.
Le cartoline di Lupo&Fratello vanno in onda tutti i mercoledì sera, a partire dalle 21:00, su www.radiopopolareroma.it.
Ascolta MONDO CANE.
Editoriale #3. IL PICCOLO MICHAUX al Salone di Torino.
Maggio 23, 2011 § Lascia un commento
Il viaggio così come è andato veramente, almeno secondo Pier Paolo Di Mino.
Del resto non andare al Salone di Torino, con lo struscio in mezzo ai banchi, il chiacchiericcio da bar sport in salsa aulica, la festa di Minimum Fax, e tutte quelle strette di mano fra bella gente, è come non vedere il Festival di Sanremo: astrarsi dai piaceri delle vecchie casalinghe a cui non sono più rimasti nemmeno i rammarichi è un tirarsi fuori dalla mischia comunque pericoloso. « Leggi il seguito di questo articolo »
Esce oggi, lunedì 16 maggio, IL SENSO DEL PIOMBO, un romanzo di Luca Moretti
Maggio 16, 2011 § Lascia un commento
“Mi chiedete chi è Carlos Reuteman, se esiste un’organizzazione dietro questa sigla. Rispondo no, non è stata la sigla di un’organizzazione unica, con organi dirigenti, con capi, programmi e riunioni periodiche. Non esiste un’organizzazione che abbia questo nome e che sia comparabile alle Brigate Rosse o a Prima Linea. Non esiste nemmeno un livello minimo di organizzazione. Ogni gruppo armato che si è formato anche occasionalmente nel nostro ambiente, fosse anche per una sola azione, ha potuto usare questa sigla. D’altra parte non c’è stato modo per impedirlo. Mi chiedete se siamo o siamo stati fascisti, vi rispondo che i fascisti del dopoguerra non sono mai esistiti e che candidamente qualcuno può solo aver pensato, o per meglio dire immaginato, di essere fascista. Di Mussolini non me n’è mai importato niente: non ho mai pensato che fosse una gran persona. Quando sentivo dire: “uccidere un fascista non è reato” non pensavo al duce o al ventennio, ma all’unica persona fascista che conoscessi, mia madre.”
Guarda il booktrailer girato da Elio Bruno.
Leggi l’intervista di Gianluca Liguori a Luca Moretti.
Nel 2010 Luca Moretti e Toni Bruno, fumettista, scrivono il graphic novel Non mi uccise la morte, sul caso Cucchi, edito da Castelvecchi.
Nel 2011 Toni Bruno disegna tra tavole ispirandosi al romanzo IL SENSO DEL PIOMBO – Armamentario privato (dell’azione)
Discorso in occasione del conferimento del Premio di Stato austriaco per la letteratura, 1968 – Thomas Bernhard
Maggio 15, 2011 § Lascia un commento
Pregiatissimo signor ministro,
pregiatissimi presenti,
Breve stralcio in cui si racconta la storia di Perkeo, nano altoaltesino emigrato in Germania a metà ‘700
Maggio 14, 2011 § Lascia un commento
Immaginate la polvere che lascia la sabbia quando viene a contatto con la pelle, quella polvere millenaria così perfetta che non ha nulla da ridire se la si confonde con gli scarti umani, i pezzettini infinitesimali di pelle che chiamiamo polvere, e che non c’entrano niente con i pezzettini di montagne che chiamiamo sabbia.
Immaginate, insomma, un gruppetto di hippy strafatti che giocano a costruire una città istantanea nella sabbia.
Immaginate i loro piedi sporchi affondare nella sabbia, le loro sciarpe colorate strisciare sulla sabbia, i loro corpo hippy rivoltare le minuscole dune sotto il sole di Ibiza, nella sabbia e nella polvere.
Il protagonista verrà concepito da una donna ricoperta di quella polvere, e il suo futuro padre farà una degustazione completa di sabbia e polvere, prima di chiudere la testa sul cuscino. « Leggi il seguito di questo articolo »
Cartolina del Lupo, 4 maggio 2011, dall’appartamento di un esule argentino
Maggio 4, 2011 § Lascia un commento
Cartolina del Lupo, 4 maggio 2011, dall’appartamento di un esule argentino
Non so perché guardo il sicomoro o perché sposto lo sguardo verso lo zuccotto pieno di yerba de mate e acqua calda, non so perché penso a Bolaño mentre lo leggo, ma so che dice una cosa, a proposito degli esuli: “forse tutti noi, scrittori e lettori, diamo inizio al nostro esilio, o almeno a un certo tipo di esilio, quando ci lasciamo alle spalle l’infanzia”.
Le cose che accadono
Maggio 2, 2011 § Lascia un commento
Le cose che accadono
Non cresceva. Gli avevano detto che sarebbe ricresciuta.
A febbraio del 2011, il 14 febbraio, mentre i nati festeggiavano compleanni o subivano i festeggiamenti, quel giorno lui misurò il vuoto che sostituiva la mano. Niente.
Uscì sul portico che suo padre aveva costruito con premura, prima di morire in un incidente domestico. Il marmo del pavimento bianco e nero, le mattonelle sporche di sabbia subsahariana. Un tavolino da giardino rovesciato su un fianco. Il dondolo scartavetrato in agosto. Un cestino di plastica, blu, con dentro delle cesoie, le cesoie di suo padre. Quel 14 febbraio lui iniziò una nuova vita. Imparò a potare i rami e in seguito lesse qualche manuale di botanica e infine diventò un giardiniere, un bravo giardiniere.
E nessuno poteva fermarla
aprile 26, 2011 § 2 commenti
C’era stata la pioggia infinita, due anni prima. Le pareti segnavano 30 centimetri di acqua. La linea nera della muffa diceva cose importanti.
Il padre, la madre e la figlia avevano cercato di salvare i mobili alti comprati qualche mese prima, il lungo bancone in legno, la macchina del ghiaccio che non era mai entrata in funzione, i frigoriferi parcheggiati nell’angolo destro, vicino all’ingresso, la cassa digitale. Tutto era stato contaminato. Il padre chiamò un tizio che aveva un furgone. La madre chiamò il fratello, un tipo in pensione che faceva l’imbianchino per arrotondare un po’.
270 gradi al forno
aprile 22, 2011 § 3 commenti
Stai preparando un antipasto misto:
ricicli pachino da una pila di tramezzini, riempi il fondo del piatto di foglie di lattuga, prendi una manciata di olive, spieghi quattro fette di crudo, dure e incartapecorite; la manopola della temperatura del forno segna i 270.
Sudi, e t’asciughi col dorso della mano. Non hai guanti, perché sono finiti. La lavastoviglie ha smesso di sterilizzare una ventina di piatti piani. Li sistemi nelle mensole metalliche, due sono in basso, alla tua destra, la terza è in alto, alla tua sinistra.
La radio trasmette un pezzo dei Police. Ogni tanto camerieri e cameriere entrano nel tuo regno, svuotano i resti nel contenitore dell’organico. Hai appena ricevuto una comanda: 3 porzioni di patatine fritte, due hamburgher, una pizza quattro formaggi.
Cartolina del Lupo, 13 aprile, dal carrozziere del Mandrione, quello che con la faccia appestata
aprile 20, 2011 § Lascia un commento
Cartolina del Lupo, 13 aprile, dal carrozziere del Mandrione, quello che con la faccia appestata
Gli pneumatici. Quando uno impara a scrivere impara boiate come questa. Gli pneumatici riempiono il cortile della carrozzeria, formano castelli, rombi, torri, scale, c’è gente che li ricicla per farsi le scarpe, mi ha detto un amico che ora vive in Bolivia. Gli pneumatici sono la scenografia essenziale di una carrozzeria. Stanno lì ad aspettare, proprio come le palline gialle nei campi da tennis e i fascicoli negli uffici ministeriali. Solo che le gomme, gli pneumatici, hanno la forma delle ciambelle, sono butterati o lisci, ti sporcano le mani quando cerchi di spostarli dalla rimessa al garage.
Giocatori
aprile 19, 2011 § Lascia un commento
In agosto il paese era vuoto, deserto come certe tele del Turner, col cielo un po’ confuso che cade sulla terra e la velocità del calore che provi a calcolare mentre attraversi la strada.
Il paese in quei giorni assomiglia di più all’idea che ti facevi da piccolo, su come non dovrebbe essere il posto in cui vivi.
Tu, il basso e quell’altro giocate a calcio in una piazza dove c’è un distributore di benzina abbandonato da tre anni e un monumento ai caduti della Grande Guerra, con gli elmetti i cavalli la lista dei morti e le bandiere tricolore sfilacciate, indifferenti allo scirocco che spira caldo, umido.
Il basso sta in porta, indossa le ginocchiere di sua sorella Anna, che ogni tanto andate a vedere quando gioca a pallavolo alla palestra della scuola media Ugo Foscolo, dove nell’atrio c’è un busto del poeta che ha i capelli lunghi e una bella faccia con le basette lunghe.
Istruzioni per immaginare un deputato leghista
aprile 14, 2011 § Lascia un commento
Il deputato leghista va immaginato lurido, bavoso, grufolante, con pezzi di carcasse tra i denti, i peli del culo intrecciati di merda e la cravatta verde macchiata di sangue rattrappito.
Nelle sue azioni si muove con fare brusco, risata derisoria e gorgogliante, sguardo ottuso e frequenti esplorazioni nasali.
Trilogia per due attori in un giorno qualsiasi
aprile 14, 2011 § Lascia un commento
I migliori anni della nostra vita
aprile 2, 2011 § Lascia un commento
L’adolescenza è tragica perché tu sei sempre in attesa che succeda qualcosa.
L’adolescenza sei tu che aspetta che succeda qualcosa.
L’adolescenza sei tu che aspetti che succeda qualcosa.
Perché è tragico che tu aspetti qualcosa mentre l’adolescenza sei tu che aspetta che succeda qualcosa e sei sempre in attesa che l’adolescenza non sia più tu.
Cartolina del Lupo, 30 marzo 1985, dal set di Ritorno al passato
marzo 31, 2011 § Lascia un commento
Cartolina del Lupo, 30 marzo 1985, dal set di Ritorno al passato
Non sono uno di quelli che attaccano bottone con le ragazze parlando della teoria bosonica a 26 dimensioni o di quella supersimmetrica a 10 dimensioni. Preferisco parlare delle offerte della Simmental, di quanto la Simmental mi faccia accapponare l’arteria sfenopalatina, di quanto sarebbe bello per esempio bere un goccio di mezcal con Zemeckis mentre gira la prima scena di Ritorno al passato.
Favola per mio fratello
marzo 29, 2011 § Lascia un commento
C’era un periodo della mia vita in cui inventavo storie per mio fratello Andrea, due anni, soprannominato Gorbaciov per via di una voglia rossa sulla fronte. Questa è la storia che preferiva:
per la popolazione che abitava la regione del Culbercaz, i Dughirak, le uniche porte comunicanti con il sottosuolo erano i vulcani. Perciò, una volta all’anno, ogni 1576 giorni (l’equivalente di 4 anni nel nostro emisfero), lo sciamano, che nella lingua dei Dughirak si chiamava Saldimvanc, sceglieva in una notte senza stelle il prescelto, che nella lingua dei Dughirak si chiamava Fotfot, il quale veniva calato nella bocca del vulcano prima che il sole ne scaldasse la cima.
La ragazza poi è esplosa
marzo 27, 2011 § Lascia un commento
La ragazza poi è esplosa
Quando un uomo ha un coltello che penetra il suo corpo è difficile dire cosa succederà.
L’uomo potrebbe sfilarlo lentamente, ma il sangue lo prosciugherebbe.
L’uomo potrebbe lasciarlo lì dov’è, e vedere cosa succede.
Il coltello si chiama Coltello Scubapro Mako Titanio, il prezzo di listino è di 99 euro, ma lo si trova facilmente a 79 euro. La lama misura 8,5 cm, e nelle istruzioni probabilmente c’è scritto che è anche un pratico apribottiglie.
La quotidianità di uomo con un coltello infilato nel costato è sicuramente difficile, vediamo perché:
Cartolina del 16 marzo, cartolina non affrancata, priva di immagine, cartolina incazzata, tagliente, volante
marzo 22, 2011 § 1 Commento
Platone fa a dire a Socrate nell’Apologia di Socrate “non arrabbiatevi con me, perché dico la verità”.
Stanotte la pioggia ha bucato i giardini portatili che operai vestiti di bianco avevano piazzato a Piazza Venezia. Li hanno rimpiazzati subito. Operai vestiti di grigio hanno rimpiazzato gli operai vestiti di bianco. Hanno montato delle finte impalcature con finte misure di sicurezza. Poi si sono lanciati nel vuoto come tuffatori magri.
Street Album Vol.3: INEDITO. La vera storia della letteratura
marzo 21, 2011 § Lascia un commento
http://www.terranullius.it/inedito.html
L’estasi d’amor cantava Ollio è quello che ci fa vedere i cieli tutti blu e i cigni bianchi come inchiostro. Questa felice rivoluzione dei sensi corrisponde alla felice rivoluzione della letteratura italiana. Non quella ufficiale, ma quella sottesa, che si sussurra alle orecchie come un tentatore. Ed eccola qui questa storia letteraria riscritta: dai consigli di una madre a una figlia su co…me si possa godere meglio con un uomo alle realiste considerazioni dell’Aretino e di Baffo. Con Giordano Bruno e con il romanzo per immagini di Polifilo, scopriremo la mistica d’amore con i suoi baci di morte, per giungere al Novecento e inaugurare con Svevo l’epoca dei bunga bunga e, quindi, la grande era della morfina in cui viviamo. Leggete, gente. Godete, gente.
Questo è lo Street Album Vol.3: INEDITO. La vera storia della letteratura
sabato 26 marzo dalle 18:30
La Cricca esce dal covo e invade San Lorenzo
Reading e aperitivo al MARGOT
via dei Volsci 13
“Monologo per corpo di donna, voce di donna” letto da Carmen Iovine su www.fusoradio.net
marzo 18, 2011 § Lascia un commento
Cartolina del Lupo, 9 marzo, da una bicicletta che crede nell’autodeterminazione
marzo 14, 2011 § 1 Commento
Semafori che lampeggiano. branchi di motorini, bancarelle di cose e astrologi su sgabelli, paesaggio di facce che si incrociano tra via Foscolo e via Petrarca, camion bianchi con dentro omini che scuotono carcasse di maiali, mercato, Piazza Vittorio Emanuele II, mercato di spezie in polvere, mercato di ghiaccio sotto pesce, mercato di macellai insanguinati, camion bianchi con omini stesi su sacchi di tuberi gialli, cumino, curcuma, zenzero, portici e pozze di piscio, manifesti Casa Pound, pozze di piscio ancora, la donna che siede sempre all’angolo di via Mamiani, la donna che urla, si strappa le vocali dalla gola, bicicletta impazzita, manubrio stupido manubrio, via Giolitti controsenso, trenino bianciogiallo fischia, mi copre mentre le bestie intorno si superano e si penetrano, ciuf ciuf, mentre li senti urlare dagli abitacoli riscaldati.
Un vento leggero, piacevole
marzo 9, 2011 § Lascia un commento
Racconto una storia.
Prima di raccontare la storia però devo dire che i portieri sono i custodi del giorno, quelli che riconoscono il suono dei tacchi della signora del terzo piano e l’odore di cavolo bollito con aceto bianco e pepe nero del signore del quinto piano.
Prima di iniziare veramente nel racconto di questa storia devo dire che i portieri stanno morendo. Non ci sono più portieri a cui chiedere quando cerchi casa e loro ti dicono ecco, proprio qui, se passavi tre giorni prima, invece no, non ci sono più portieri così, che ti facevano tre domande fondamentali, chi sei, chi cerchi e ha capito? (la terza persona la declinavano una volta accertata l’identità e il perché della vostra presenza; ha capito? in riferimento alle indicazioni che ti davano per trovare l’appartamento della persona che cercavi, nella scala da lei/lui vigorosamente indicata). Ecco. I portieri stanno sparendo.
Harold Pinter, 2005, Stoccolma, gli viene conferito il premio Nobel. Pinter dice ciò che va detto.
marzo 7, 2011 § 1 Commento
Harold Pinter – Stoccolma – 7 dicembre 2005 |
“Nel 1958 scrissi ciò che segue:
‘Non vi è una rigida distinzione tra ciò che è reale e ciò che è irreale, tra ciò che è vero e ciò che è falso. Una cosa non è necessariamente vera o falsa; essa può essere vera e falsa insieme’.
Credo che ancora oggi queste asserzioni abbiano senso e si applichino all’esplorazione della realtà attraverso l’arte. Perciò come scrittore rimango loro fedele, ma come cittadino non posso farlo. Come cittadino devo chiedere: che cosa è vero? Che cosa è falso? « Leggi il seguito di questo articolo »
Consigli alle donne mafiose
marzo 3, 2011 § Lascia un commento
Questo pezzo si ispira a un pezzo di Martin Crimp. L’ho letto una sera che pioveva, davanti a Palazzo Farnese. Davanti alla casa di Previti, più o meno. Ero su un palco. Dietro di me splendidi musicisti. Loro si chiamavano Enenvolvo. S’era accettato di fare questa cosa perché la si voleva fare. Non è che una manifestazione pro Saviano cambiasse tanto le cose. Le cose infatti non cambiarono. Le facce degli spettatori, soprattutto.
Cartolina del Lupo, 2 marzo, da una stanza che si trova in una casa che si trova in una strada che si trova in un quartiere che si trova in una città in cui c’è il Colosseo, ma non è il Giappone.
marzo 2, 2011 § Lascia un commento
Oggi il cielo è strettamente sorvegliato da quelle caramelle gommose bianche cadute a terra e impestate di polvere, mentre la terra sembra un tronchetto di liquirizia, tutta sfilacciata, masticata, le coste assomigliano a fiordi di torrone e l’acqua, l’acqua è gelatina blu, tipo blu viakal.
La passione
febbraio 28, 2011 § Lascia un commento
Mi chiamo Mario e conservo le immagini di ogni apparizione in tutti i luoghi del mondo, le fotografie dei viaggi esclusivi, la testa piegata di un uomo che sa parlare con gli animali.
Le sue pantafole profumate di incenso, che una volta ho cercato di comprare per mio sfizio e che invece non sono del papa ma di un qualsiasi uomo.
Ho un assortimento di interventi e frasi importanti, degne di essere ricordate per l’eternità. Questa, è inutile nascondercelo, è un’epoca di alienazione atea e materialista, e quelle pantofole significano molto per me.
“Torbellamagica” – lo sguardo di una ciclista che pedala tra le rovine del presente
febbraio 26, 2011 § 2 commenti
Questa è la prima delle storie degli altri che pubblico su questo blog. Le storie degli altri sono le storie degli altri. Questa è di Elena Dobrilla.
Giro in bicicletta attraverso uno dei quartieri più brutti del mondo (ne sono quasi sicura): Tor Bella Monaca – “Torbellamagica” nel titolo di una mostra di fotografica a lei dedicata.
Uscita dal cancello del consorzio che divide i buoni dai cattivi, lasciata ogni speranza, mi tuffo nel delirio della Casilina; passo sotto l’orrido cavalcavia, che in quel punto la sopraeleva, facendo attenzione a non finire sotto il 511, e imbocco via di Torbellamonaca, uno stradone a quattro corsie che cammina tra due muraglioni di cemento alti almeno tre metri completamente coperti dai coloratissimi e tristissimi disegni dei “writers”: teschi enormi, “tag” indecifrabili scritti con grasse lettere indecifrabili, donne con tette esplosive, supereroi di ogni tipo, ragni mostruosi, neonati urlanti e “cannoni” giganti.
Cartolina del Lupo, 23 febbraio, su un materassino ikea, gonfiabile in pochi minuti
febbraio 23, 2011 § Lascia un commento
Qualcuno diceva che il diavolo è l’amico che non resta mai fino alla fine. Era un amico di qualcuno, quel qualcuno. Stanotte ho dormito su un materassino ikea con il dorso argentato. Il proprietario del materassino ha premuto il soffietto con le mani, prima di sprimacciare un asiugamani, infilarcelo sotto e colpire con il piede, centrando per bene la superficie rigata. Un rumore di asma totale, un urlare di branchie ferite, sembrava. Poi il proprietario è andato a dormire dicendo ho sonno. Mi sono steso sul materassino tumescente e ho aperto un libro. Fuori la notte frugava tra i lampioni. Ho pensato a quello che resta di me, oggi, su questo materassino argentato, su questo pavimento dalle piastrelle a forma di toblerone. Ho pensato alla faccia del re. Ho pensato al sonno degli amici. Ho pensato che il lavoro debilita l’uomo, e anche la donna. Ho pensato al tavor. Ho pensato al fiotto che brucia la gola. Ho pensato alle cose che partono quanto tu sei fermo. Ho pensato al mondo, al cane che chiamiamo mondo, al mondo cane che chiamiamo amico, al miglior amico del cane, l’uomo.
Ho pensato che stanotte esco e vado in piazza. Mi infilo il cappello che mi ha lasciato mio padre. Indosso le storie che mi ha raccontato mio nonno. Ho pensato che vado in piazza e compro del ghiaccio da un pescivendolo e poi lo vado a lanciare sul fuoco che brucia senza affumicare. Ho pensato di farlo, stavolta. Ma poi ho dormito, come tutte le notti, come tutti i diavoli.
Cesare Garboli
febbraio 20, 2011 § Lascia un commento
«Quello che eterneggia mi è poco congeniale. Più volentieri entro nell’ordine di idee che niente è più sacro di ciò che non è stato ancora redento dallo stile, non ancora raggiunto dall’intelligenza.»
da “La stanza separata”
Robert Louis Stevenson
febbraio 20, 2011 § Lascia un commento
«Vogliamo orgogliosamente vivere e, come prostitute, abbiamo scelto di vivere per il piacere.
Dovrebbero pagarci, se dessimo il piacere che presumiamo di dare, ma perché dovrebbero riverirci?
Siamo tutti puttane, alcuni puttane graziose, altri meno, ma tutti ugualmente puttane:
puttane della mente, che vendono al pubblico svaghi da salotto così come la puttana vende i piaceri del letto.
E allora che c’è di strano? Sono una puttana graziosa e malaticcia, seppure un po’ più in salute ora.»
da una lettera al collega Edmund Gosse
Goffredo Fofi sul Bianciardi
febbraio 19, 2011 § Lascia un commento
«Il suo anarchismo era assai povero e la sua tempra assai fragile. Ha additato dei mali, ma si è ritirato molto presto dalla mischia, pensando di risolverli con l’ironia e la diversità, e che anarchico volesse semplicemente dire individualista, non collaborazionista. Non ha cercato gli altri, se non tra persone fragili come lui o in attesa, semplicemente, della loro occasione. Non si è mai ripreso dal primo choc, dopo le ansie di una gioventù vitellona ma entusiasta e fattiva. Quello choc si è chiamato Milano, o meglio modernità, progresso, “miracolo economico”, Italia del benessere, della produzione, del consumo, dell’egoismo, del ripudio di ogni senso comunitario e di ogni vera gioia del vivere, di ogni autenticità.
Vittima del boom, Bianciardi merita il nostro rimprovero: avrebbe potuto e dovuto fare di più, resistere, discutere, aprirsi, dare, provocare. Se non ce l’ha fatta, un po’ di colpa è anche sua, che si è arreso troppo facilmente, troppo presto.»
Dall’introduzione a “L’integrazione”, scritto nel luglio del 1959 in dieci giorni di “vacanza traduttoria” e pubblicato da Bompiani l’anno dopo.
E’ ora di ricordare (un mio articolo uscito su il manifesto il 20-04-2010)
febbraio 19, 2011 § Lascia un commento
Cartolina del Lupo, 9 febbraio, in un tempo caldo e oscuro
febbraio 16, 2011 § Lascia un commento
E’ durato poco, il mio ultimo lavoro. Non credo di essere adatto a certi lavori. Per esempio, non credo di essere stato un buon sequestrato. E in fondo lo so che dovrebbe essere facile:
mangi quando ti dicono di mangiare;
pisci quando loro ti dicono che puoi pisciare;
dormi quasi sempre.
Dovrebbe essere facile fare il sequestrato, soprattutto se ti pagano.
E’ che ho esagerato.
Venerdì mi sono svegliato male, la bocca impastata con il das, gli occhi sbrilluccicanti e caccolosi, le voglie nel lenzuolo.
Dopo aver fatto colazione ho chiesto al capo se potevo prendermi due giorni di malatia.
Prendili, ha detto lui, ma te li scalo dallo stipendio.
No, gli ho detto, trapassando con gli occhi caccolosi la lana nera del suo passa montagna, gli ho detto, no, me li devi pagare.
Lui ha detto, grattandosi il grande orecchio roseo destro che spuntava come una pianta grassa, ha detto, allora ti licenzio.
Io ho smesso di guardarlo, per un po’, e mi sono concentrato sulla corda che mi stringeva i piedi.
Poi ho detto, non so dove andare, ecco.
Allora lui si è sfilato il passamontagna, e mi ha detto, se vuoi ti posso ospitare a casa mia.
Ho detto, non posso accettare, non esiste al mondo.
E me ne sono andato, ai mercati generali.
L’uomo che taglia i capelli (prima parte)…
febbraio 14, 2011 § Lascia un commento
L’uomo che taglia i capelli (prima parte)
Un tizio con i capelli che esplodono nel cappello ereditato dal padre, un cappello di lana blu con banda verde, scende lungo via del Pigneto in contro senso, su una bicicletta che ruggisce dai parafanghi arrugginiti e che non sembra voler capire il limite della sua ontologia. Rimpicciolisce gli occhi, il tizio, perché il vento penetra la sua sinusite che penetra i suoi condotti lacrimali, che fanno ciò che dovrebbero fare in condizioni di stress emotivo. Quindi il tizio con i capelli che esplodono nel cappellino da pescatore pedala e incalza la bicicletta sulla strada che porta da casa sua al posto in cui sta andando. « Leggi il seguito di questo articolo »
Il link della trasmissione andata in onda ieri pomeriggio su fusoradio.net…
febbraio 11, 2011 § Lascia un commento
..in cui Luigi Tabita legge tre miei monologhi da “CASI”:
http://www.fusoradio.net/ascolta_flash.asp?fn=http://mirror.fusolab.net/~saverio/fusoradio/6810.mp3
1° monologo dal primo minuto;
2° monologo dal 35° minuto;
3° monologo dall’84° minuto.
L’uomo volante
febbraio 7, 2011 § 3 commenti
I.
Quando ti senti così, come se fossi le labbra di qualcuno costretto a trangugiare un caffè troppo caldo da una tazzina bollente, che ustiona le labbra e che fa pensare molto a perché certe abitudini si radichino, e al perché certe mode siano più fortunate di altre, o forse solo più longeve.
Quando ti sei bruciato le labbra sulla tazzina e la lingua con il caffè, quando hai pagato per macchiarti la lingua e screziarti le labbra, quando sei uscito dal bar salutando come se ti avessero fatto un piacere, quando ti sei guardato in una vetrina e hai visto le grandi labbra crescere e gonfiarsi e diventare così grandi da non sembrare più labbra, ma escrescenze di carne carnivora, una carne livida, irriconoscibile, tutta tesa a ingoiarti.
Cartolina del Lupo, 2 febbraio, una stanza con le tende di velluto nero, in un posto che non ricordo di aver raggiunto
febbraio 3, 2011 § Lascia un commento
La notte c’è un cane che abbaia, e mi sembra che sia vicino, e mi sembra che sia un pastore tedesco, dal latrato e da come smuove la terra con le zampe. Ma non so niente di cani, quindi potrebbe anche essere una tartaruga con un congegno vocale montato sul guscio. La mattina presto c’è un furgone che resta acceso per un po’, e poi parte. La sera sento solo qualche tizio che fa jogging, ma non posso chiamarlo, perché non posso, e poi penso che siano loro, che stiano facendo finta di correre, finta di respirare profondamente, di sudare per finta. « Leggi il seguito di questo articolo »
Storia del giudizio universale così come l’ho visto io
febbraio 2, 2011 § 2 commenti
Non abbiamo nessun tipo di certezza su ciò che riguarda i processi mnemonici che seguono gli eventi collettivi, i fatti che una porzione di popolazione mondiale ricorda per anni, per decenni, per millenni, o in qualche caso solo per ore. Non sappiamo molto su questo argomento, ma conosciamo la prassi che segue e consolida i ricordi collettivi. La prassi consiste più o meno in tre domande.
Tu dov’eri quando è successo?
Tu che facevi quando è successo?
Tu con chi eri quando è successo?
Torta di compleanno
gennaio 28, 2011 § Lascia un commento
Nella nostra piccola cucina la luce è buona a qualsiasi ora, d’estate, mentre d’inverno basta appena a fare colazione. Infatti da novembre a febbraio bisogna accendere la luce, se si vuole vedere quello che si fa. L’anno scorso, per esempio, abbiamo dovuto usare la luce artificiale fino a marzo. Quest’anno, invece, sembra che presto ne faremo a meno, prima della fine di febbraio. Le giornate si stanno allungando e il sole aspetta sempre di più a diventare luna. « Leggi il seguito di questo articolo »
Cartolina del Lupo, 26 gennaio, Lago di Zoccolo (Zoggler Stausee), provincia di Bolzano, Regione Autonoma Trentino Alto Adige-Südtirol
gennaio 26, 2011 § Lascia un commento
L’attualità puzza come il taleggio.
L’attualità è come quelle bambole gonfiabili che danno in dotazione agli astronauti.
L’attualità, per uno che non mangia il taleggio e ha paura dello spazio, è come correre su un tapis roulant.
Lui, il tapis, sta fermo muovendosi, tu, l’umano, ti muovi stando fermo.
L’attualità non la capisco, mi dice Jürgen mentre mi versa una tazza di caffè lungo.
L’Italia non la capisco, mi dice Jürgen mentre mi serve una fetta di torta ai lamponi.
Dico a Jürgen, neanch’io Jürgen, neanch’io. Parlami di questo lago.
Dice, se tu pescare ti piace trota iridea, salmerino di fontana, trota fario, salmerino alpino und trota marmorata.
E poi?, gli chiedo ricordandomi che non mi piace pescare.
Und lago Zoccolo offre grande corsa dei Masi.
Ma dai?, dico a Jürgen stroppicciandomi gli occhi, e cosa sono i Masi?
Case in legno con tetto particolare il legno e sassi, dice Jürgen.
E quando si tiene questa corsa?, gli chiedo, sperando che sia lontana nel tempo e nello spazio.
25 luglio, dice Jürgen, ma se vuoi noi allenare nel pomeriggie.
No, dico a Jürgen, ma ti ringrazio, penso che andrò a dormire, anzi, penso che andrò a leggere le ultime dall’Italia.
Ma questa essere Italia, dice Jürgen.
Non credo proprio, dico io, e lo saluto facendo il gesto dell’ombrello.
23. ISTRUZIONI PER DESCRIVERE LA TUA BACHECA (da ISTRUZIONI DI INTERESSE GENERALE)
gennaio 24, 2011 § Lascia un commento
23. ISTRUZIONI PER DESCRIVERE LA TUA BACHECA
Descrizione fisica e spirituale
Una cassetta munita di coperchio di vetro o specie di vetrinetta, appoggiata o appesa al muro, inclinata, obliqua, in posizione verticale, in casi di manierismo orizzontale, che tiene conto del concetto di esposizione, diciamo riparata da polvere, ragnatele, vento, incursioni di rondini e pipistrelli, dita di bambini deprivati del controllo, S.L.A. (sigla che sta per saccheggiatori comuni, ladri professionisti e amici) , e del concetto di prezioso (dal lat. pretiosus; V. PREZZO – lat. pretium, astr. di un perduto verbo *pretere, la cui rad. PRET ‘scambiare’ si ritrova nel lat. interpres, –etis ‘mediatore’ ma è priva di attestazioni chiare in altre aree ideur., salvo, forse, nel gr. pernemi ‘vendo’) cioè di grande pregio, valore, stima, affetto, conforto morale/fisiologico, in quanto può, in potenza, procurare, ai sensi freddi del tatto e della vista, vantaggio, desiderio, in alcuni casi anche agonia. « Leggi il seguito di questo articolo »
1. ISTRUZIONI PER LA VITA CHE NE HA BISOGNO (da ISTRUZIONI DI INTERESSE GENERALE)
gennaio 23, 2011 § Lascia un commento
1. ISTRUZIONI PER LA VITA CHE NE HA BISOGNO
La vita che ha bisogno di istruzioni per l’uso può essere molto faticosa se per esempio tu sei in un corridoio di una palazzina che ha le finestre grandi e orizzontali e tagliate per bene da lunghe sbarre che se ti appoggi sulla gamba sinistra e torci il collo verso sinistra tu vedi e guardi dentro le sbarre e se poi muovi la testa su e giù mantenendo però sempre la stessa posizione è bellissimo. « Leggi il seguito di questo articolo »
LISTA PARZIALISSIMA SUI NOMI MASCHILI DA DARE A UNA CREATURA DI CUI SARò ZIO – I cap. (A-D)
gennaio 20, 2011 § Lascia un commento
LISTA PARZIALISSIMA SUI NOMI MASCHILI DA DARE A UNA CREATURA DI CUI SARò ZIO
A Genny e Chris
ANDREA:
Il primo che ho conosciuto aveva la mia età, era piccolo come me, era scuro come me, mangiava il gelato proprio come me, partendo dal bordo, e alla fine si leccava le dita proprio come facevo io, ma era comunque insopportabile. Ricordo che una volta i miei mi portarono al lago, era maggio, l’aria tiepida e il lago profumato. Mentra salivo e scendevo nell’aria piena di polline, mentre starnutivo e ingoiavo saliva salendo e scendendo con gli occhi felici, mio padre fece un cenno a mia madre, che fece un cenno a mio padre, e insieme fecero i pochi metri che li separavano da un’altra coppia che faceva cenni, i genitori di Andrea. Io ero ancora sull’altalena quando i miei si avvicinarono all’altalena. « Leggi il seguito di questo articolo »
Cartolina del Lupo, 19 gennaio, Isola di Jersey, Canale della Manica, il vento ti disintegra, se vuoi
gennaio 20, 2011 § Lascia un commento
Un poeta può sopportare di tutto, scriveva Roberto, il che equivale a dire che un uomo può sopportare di tutto. Anche l’isola di Jersey, per esempio. Ma non è vero, scriveva Roberto. Sono poche le cose che un uomo può sopportare. Sopportare davvero. L’isola di Jersey, per esempio. I gabbiani inferociti che strappano pesci al canale. I pescatori che dipingono di verde e di rosso i tetti delle loro case bianche.
Sono cose sopportabili. Un centro commerciale, per esempio. Un cinema con le poltrone comode, per esempio. Un pub con il banco di legno e i illustrazioni di pescatori. Un poeta può sopportare di tutto, ma certi posti sono più sopportabili di altri. Andare a letto presto, per esempio. Guardare il mare che striscia fino al vialetto di casa, per esempio. Il faro la notte, per esempio.
Un poeta può sopportarlo.
Un uomo può sopportarlo.
Uno qualsiasi può sopportarlo.
Scusi, mi chiede il barman del pub di Jersey, scusi, sta bene?
Sì, dico al barman del pub di Jersey, sì, benone.
Scusi ancora, mi chiede il barman del pub di Jersey spillando una birra chiara da mezzo metro, scusi ma lei è italiano?
Un poeta forse può sopportarlo.
Un uomo è probabile che lo sopporti.
Ma uno qualsiasi no, non dovrebbe.
Cartolina del Lupo, 12 gennaio, Islanda, terra della saga degli Sturlungar
gennaio 19, 2011 § Lascia un commento
« Non ti piace il tempo che fa? Aspetta un minuto. » dice un proverbio islandese.
In terza elementare la maestra Rosina mi chiese cosa avrei voluto fare da grande.
Risposi: ‘o l’archeologo, o lo scrittore, o l’islandese.
Ecco. Ora che sono uno scrittore scavo nel ghiaccio islandese e mi sento molto affine a questa gente. Loro, per esempio, mi ha spiegato l’amico Gardar, hanno inventato la parola geyser. Gardar, il viso dalle grandi mascelle, il naso greco e la pelle bianca come quelle pitture per esterni, però tutto puntellato di minuscole macchie rosse e brune, gli occhi grigi come l’unica strada che collega i villaggi e le città, come la luce nelle fotografie che ho scattato stamattina. Dice Gardar, mentre mi godo il suono del ghiaccio nella valle desertica, dice Gardar, qui, amico mio, siamo a sud del Circolo Polare. Lo so ho detto, però ora basta con le balene, mi piacciono le balene, ora smettetela. Sì, hai ragione, ha detto Gardar, ora però andiamo a mangiare, c’è lo stufato di balena.
Cartolina del Lupo, 5 gennaio, Heidelberg, Germania
gennaio 19, 2011 § Lascia un commento
Quando uno pensa che i tedeschi siano tutti kartoffeln, nazi, wurstel, Rammstein e Oktoberfest bisognerebbe infilarlo di forza in un treno rapido con le poltroncine reclinabili e il filo spinato intorno alle mani, oppure ci vorrebbe un areo dalla linea snella e teutonica, popolato da hostess dalle lunghe trecce bionde, con nomi tipo Johanna, Frederika, Ursula, Baerbel, nomi così, e poi fargli vedere le verdi valli e i boschi di querce e i castelli delle verdi valli con le verdi querce e i falchi addestrati per salutare i turisti dagli oblò degli aerei. Ci vorrebbe qualcosa del genere.
Heidelberg, per esempio. Una città che è una poesia. Io ci sono nato. E ci torno ogni volta che mi viene voglia di suicidarmi. Heidelberg è perfetta per cancellare quel pensiero lì. E’ perfetta perché il castello è in pietra rossa e perché di notte la nebbia del fiume nasconde gli ubriachi e asseta gli assetati. E’ perfetta perché c’è una prigione, laggiù, dove gli studenti possono trovare tracce di altri studenti, incarcerati per una notte per un sorso di troppo, più o meno seicento anni fa. E’ perfetta perché i filosofi l’hanno battezzata e gli scrittori l’hanno amata. Poi, ovviamente, è perfetta anche perché io ci sono nato, e perché ieri ho deciso di dormirci. Se vi viene voglia di andarci, fatemi un fischio.
A piccoli passi (uno short molto batailliano)
gennaio 18, 2011 § Lascia un commento
La vita delle formiche è molto interessante.
Se uno ha tempo da perdere le formiche sono incredibilmente affascinanti.
I bambini lo sanno meglio degli adulti, e le addestrano alla sopravvivenza.
Le formiche, infatti, sopravvivono a tutto. « Leggi il seguito di questo articolo »
Storia di M.
gennaio 13, 2011 § Lascia un commento
La luce era lieve nella stanza di M. Aveva dimenticato di chiudere completamente le persiane, la notte prima, e ora il colore del giorno invadeva delicatamente la parete bianca di fronte alla finestra, illuminava in modo discreto la porta del bagno annesso, e dipingeva le strisce oblique da cui entrava. « Leggi il seguito di questo articolo »
Furti
gennaio 9, 2011 § Lascia un commento
Le erano saltate le orecchie. « Leggi il seguito di questo articolo »
Una breve risposta in forma di poesia senza poesia al noto romanziere Antonio Moresco, a proposito delle mosche
gennaio 8, 2011 § Lascia un commento
Qui potete trovare la preghierina di Moresco: http://www.ilprimoamore.com/testo_2126.html
La mia risposta alla preghierina: « Leggi il seguito di questo articolo »
Questa è stata la mia ultima notte
gennaio 4, 2011 § Lascia un commento
C’erano le stelle molto basse, stanotte.
Ne ho viste moltissime che erano troppo lontane per essere viste normalmente.
Invece stanotte il cielo era pieno di stelle impossibili da vedere.
Forse ho perso troppe notti e questa qui m’è sembrata speciale.
Che poi il perché sia stata speciale è facile da spiegare:
questa notte è stata la mia ultima notte. « Leggi il seguito di questo articolo »
Fare il vento con i mortaretti, travestiti da Harvey Keitel, la notte di capodanno
dicembre 31, 2010 § 3 commenti
Il bar sotto casa mia è piccolo, si chiama bar ed è sempre pieno di operai. Gli operai che lo riempiono lavorano nei laboratori e nelle officine che circondano il bar. La maggior parte di questi operai hanno facce scavate dall’acne e dalla rosolia, facce sfregiate dal morbillo e da eczemi sconosciuti. Uno di questi operai, per esempio, mi fa pensare spesso ai marinai di Melville, a quelle facce da filibustieri, a quei visi tagliati dal vento in poppa e dal rum in coperta. La sua faccia è rossa e maculata, e sulle guance glabre piccoli porri color crema spuntano accanto alle fossette di carne mangiata dagli anni, erosa da una vita di cui non so nulla. Però conosco le abitudini di questa faccia da operaio, e conosco bene il profilo del naso porcino quando cala sulla birra fredda alle 7.30 del mattino, e conosco anche piuttosto bene il suo passo svelto mentre attraversa i binari e gira il collo grinzoso per vedere se un trenino sta per segargli le caviglie, e conosco anche la sagoma da lontano, con quel passo da cattivo tenente, quel corpo tozzo lanciato dai piedi che schiacciano la strada con la foga di un Harvey Keitel operaio, uno da birra fredda alle 7:30 del mattino. « Leggi il seguito di questo articolo »
Cartolina del Lupo, 29 dicembre, Zakopane, Polonia, Voivodato della Piccola Polonia
dicembre 29, 2010 § Lascia un commento
Stamattina ho comprato il piumino più brutto d’Europa in un negozio che sembrava una macelleria. Il problema primario dell’Europa non è la mancanza di una costituzione, ma la presenza dei piumini, secondo me. Il mio, poi, è particolarmente brutto perché è argentato, ma era l’ultimo, e qui, nella valle bianca, tra i Monti Tatra e la Collina Gubalówka, il freddo è secco, e mentre sorride ti sfracella la pelle, e non puoi andare a vedere i boschi di Witckiewicz con il cappottino, se no ci muori come ha fatto lui. « Leggi il seguito di questo articolo »
Cose di casa mia (frammento)
dicembre 28, 2010 § 2 commenti
Roma (8 agosto, ore 12)
Nelle fotografie manca sempre qualcosa. Alcune hanno tutto, ma manca qualcosa. Nei ricordi c’è sempre qualche particolare in più, schegge che affiorano e divelgono l’immagine così come sembra, schegge impazzite che vibrano e poi si fermano. Per esempio il posto da cui vengo. Un posto strano dice la memoria, un posto brutto dicono fotografie appese qua e là a casa di mia nonna. E’ un paese, una specie di agglomerato grigio, case e strutture che assomigliano a palazzi costruiti a casaccio, piazzati come viene. Il posto è Talsano, la provincia è Taranto, la regione è Puglia, il mio nome è Marco. « Leggi il seguito di questo articolo »
Cartolina del Lupo, 22 dicembre, Machine, Arizona
dicembre 22, 2010 § 2 commenti
Abbiamo mangiato bacche essiccate, stanotte.
Abbiamo avuto freddo, ma nessuno ha pianto.
Blake ha detto: « L’immaginazione non è uno stato mentale: è l’esistenza umana stessa. » « Leggi il seguito di questo articolo »
Il trucco
dicembre 21, 2010 § Lascia un commento
Tra una scena e l’altra, usati come collegamento, in quanto sintesi tra ciò che è successo e ciò che accadrà, gli attori di
soap opera, di fiction, di serie e mini-serie, hanno l’obbligo contrattuale di esercitare una pressione sul loro volto pari a quella esercitata da una paresi al ralenti. « Leggi il seguito di questo articolo »
Cartolina del Lupo, 8 dicembre 2010, Kars, confine tra Turchia e Armenia
dicembre 21, 2010 § Lascia un commento
Ciò che è difficile da osservare da un buco è più semplice da guardare se si chiudono gli occhi.
Ecco il punto.
E’ il momento topico di una giornata invernale. L’aria è solida, la luce è blu, i miei baffi salubri. La casa in cui mi ospitano ha le pareti verde mela, e i gatti mi entrano dalle finestre. Il proprietario si chiama Ihsan, non fuma e non ha i baffi.
Mi dice che forse è meglio se evito di andare in giro bevendo birra durante il ramadan.
Dice che la futilità frivola dei vivi potrebbe screziarmi il volto.
Dice che ha appena verniciato la casa, che forse è meglio se dormiamo all’aperto, stanotte. Dice che se voglio più tardi mi porta a vedere il Monumento alla Pace.
Gli dico che forse domani, magari.
Insiste. Dice, andiamo, dai, è bellissimo.
Dico, no, domani, dai.
Poi mi dice che secondo lui Assange è una spia.
Non ho capito, dico io.
Dice, Assange è una fottutissima spia.
Dico, andiamo subito a vedere il Monumento.
Cartolina del Lupo, mercoledì 1 dicembre, Christchurch, Nuova Zelanda, zia Oceania
dicembre 21, 2010 § Lascia un commento
“Vendesi scarpine per neonato, mai indossate.”
Non so perché stamattina, svegliandomi con gli occhi cisposi, ho pensato a Hemingway. « Leggi il seguito di questo articolo »
Cartolina del Lupo, 24 novembre, Regione Autonoma Uigura dello Xinjiang, Cina
dicembre 21, 2010 § Lascia un commento
Da una settimana dormo nella pensione di una piccola città in cui si raccolgono mele e si ingrassano polli.
Qui vicino c’è un lago millenario (il lago Karakul), protetto dalla grande montagna bianca, in cui penso di fare il bagno stanotte, per vedere se ha un fondo. « Leggi il seguito di questo articolo »
Cartolina del Lupo, 17 novembre – Buenos Aires, Argentina, America
dicembre 21, 2010 § Lascia un commento
Quando uno come me si trova in una vecchia casa di calle Rivadavia, tra le vie Sud America e Bolivia, in una città che di nome fa Buenos Aires, e sta guardando il tramonto che sbuca come un calzino arancione tra i palazzi , dicevo, quando uno come me se ne va da un paese come l’Italia e arriva a Buenos Aires sa benissimo che troverà fiumi di italiani antichi, ma non può immaginare un incontro come questo. Lui si fa chiamare Panda, ha gli occhi avidi, uno strato pelifero ubiquo che lo attraversa tutta, e mi chiama subito zio. E mi racconta, mentre il fernet-cola scende e agisce sulle nostre lingue, mi racconta di un ecovillaggio a sud di questa città: lì c’è un impianto eolico-solare indipendente dalla rete elettrica, e ci sono le iguane concimatrici, e le volpi e basta, e gli orti, e lui è contento, e chissà se tornerà in Italia, che ha lasciato quasi tutto, e non ha un biglietto di ritorno. Poi io e il Panda ci guardiamo e beviamo, e intanto penso che lo stimo questo Panda, sì, e poi il Panda se ne va, mentre il tramonto lascia la città.
Non è un posto per cinesi
dicembre 20, 2010 § Lascia un commento
C’era la tovaglia rossa con le renne, le slitte e i bordini dorati.
Qualcuno per strada suonava il clacson.
C’erano bicchieri pieni di vino bianco e salmone affumicato nei piatti.
Il padre spalmava noci di burro sulle fette di PanCarré tagliate in triangoli e private del contorno.
La madre stendeva le liste di salmone sul letto di burro.
Una grattugiata di pepe e del limone spremuto.
Qualcuno per strada suonava il clacson. « Leggi il seguito di questo articolo »
Mio zio poi è morto
dicembre 19, 2010 § 1 Commento
Mio zio poi è morto
Una volta ho avuto uno zio che collezionava francobolli e monetine,
aveva i baffi e gli piacevano la numismatica e la filatelia.
Mio zio faceva il cuoco part-time in un ristorante italiano sulla Hauptstrasse.
Avevo meno di otto anni quando mia madre e mio padre mi portarono a casa sua, per conoscerlo.
Ci accolse con una camicia bianca e un sorriso verde. « Leggi il seguito di questo articolo »
Da qualche parte in Italia
dicembre 16, 2010 § Lascia un commento
Quando la strada è piatta non ci sono macchine in giro.
Gli autogrill lo aspettano con quelle porte che adora perché si aprono se passi sul raggio della fotocellula.
Al banco degli affettati c’è una ragazza che ha dovuto coprire i suoi capelli rossi e ricci con una cuffietta bianca.
La segnaletica tra un posto e l’altro sembra quasi chiara.
Percorre la distanza tra il casello, l’uscita e la stazione di servizio nel minore tempo possibile. « Leggi il seguito di questo articolo »
Cartolina 3 novembre – Suhbaatar, al confine tra Mongolia e Mamma Russia
dicembre 15, 2010 § Lascia un commento
Io non ho paura del freddo. Il freddo me lo porto addosso, sono bravo a nasconderlo nel naso, tra i capelli, il freddo lo copro con la lana, lo infilo negli scarponi, il freddo entra dalla bocca e io lo ricaccio fuori dal naso. Ma questo non è freddo, questa non è aria gelida, e se questo posto è umano io non lo sono. « Leggi il seguito di questo articolo »
Die Trabi (una vera storia vera)
dicembre 14, 2010 § 2 commenti
Jim Colder
dicembre 13, 2010 § Lascia un commento
Jim Colder
Gli Studios sono sul lato opposto della strada. I pioppi hanno la corteccia macchiata, sono malati, e fra un po’ verranno a dargli l’estrema unzione. Siedo nel bar dove siedo ogni mattina da 35 anni. Da quando vengo a fare colazione qui ho visto 12 barman, 28 camerieri, tre gestori, 6 insegne, due monete. La strada invece è rimasta intatta. Lo stesso asfalto, la stessa gioielleria all’angolo, la fontana in fondo, i palazzi primo novecento. E’ rimasto com’era, questo pezzo di Roma. « Leggi il seguito di questo articolo »
Io e nonno Darwin
dicembre 12, 2010 § Lascia un commento
Oggi è domenica, sul calendario c’è scritto fine marzo, inizio primavera. Fuori la tramontana soffia forte, il sole è tiepido, i turisti sono inebetiti dal cibo e dalle lunghe camminate. Roma è deserta, nonostante i cinquemila partecipanti alla maratona. Hai visto tre ambulanze piene, mentre raggiungevi Via Nazionale. Le finestre dei palazzi sono chiuse, la luce abbraccia il disegno delle panchine vuote. In Piazza Vittorio, prima di salire verso la Stazione, hai notato affollamento sui prati e sopra i gradini e nelle fontane secche. Tutta gente dell’Est e cinesi e gente con la pelle scura e coppie che si tengono la mano e mangiucchiano pezzi di crackers salati. Hai attraversato la piazza, hai proseguito verso Santa Maria Maggiore e lì hai tagliato per Via Cavour e quando sei arrivato sui Fori Imperiali hai cambiato idea: allungando un po’ la strada ti sei diretto verso il Palazzo delle Esposizioni. « Leggi il seguito di questo articolo »
Miracoli non ne ho visti
dicembre 12, 2010 § Lascia un commento
Miracoli non ne ho visti
e neanche elefanti, se è per questo,
ho un lavoro e non posso permettermi di andare a cercarli,
gli elefanti, e i miracoli,
e la mia casa è giallognola e i vicini pure, e nessuno mi invita a cena. « Leggi il seguito di questo articolo »
Cape d’menchie
dicembre 10, 2010 § 1 Commento
Corre con i goccioloni di pioggia che gli scavano la fronte. Corre sulla strada che prima gira a sinistra e poi a destra, e non cade. C’è un punto in cui scivola, sotto una tettoia di lamiera, di fronte a un bar chiuso. Continua a correre e attraversa un cavalcavia e poi la strada si divide, e lui non sceglie, corre e basta. Va a sinistra, perché ha visto che su quel tratto non c’è marciapiede. Corre sul lato destro della carreggiata. Una macchina suona. La luce dei fanalini di coda lo saluta mentre s’allontana. « Leggi il seguito di questo articolo »
DIARIO MINIMO DA BORGIO VEREZZI (cronache di un suggeritore)
dicembre 9, 2010 § Lascia un commento
Borgio Verezzi (5 luglio, ore 17:05).
La fermata che lo precede si chiama Finale Ligure. A sinistra il mare. A destra le colline. L’albergo delle Rose mi ricorda le vacanze romagnole, anche se non le ho mai fatte. La camera è minuscola, caldissima. Un televisore Phonola mi scruta torvo dall’alto. Sul letto singolo hanno piazzato un quadro – vista panoramica dall’alto della costa e delle luci al crepuscolo – di un certo Vincenzo. Una cassaforte con combinazione digitale piazzata sopra al telefono bianco della sip mi ha scoraggiato, poi mi ha adulato, e così ci ho infilato dentro il telecomando. Poi l’ho chiusa digitando un pin molto comune. Poi ho cercato di riaprirla. Ho sentito l’urgenza di chiamare Pippo, l’uomo che sta al banco dell’accoglienza. E’ molto gentile e mi ha detto tre volte benvenuto. Ha anche detto che manderà qualcuno. Gli ho risposto che va benissimo così. Va tutto benissimo. « Leggi il seguito di questo articolo »
Una memoria per l’oblio, Mahmud Darwish
dicembre 8, 2010 § 3 commenti
Darwish, Mahmud, Dhakira li’l-Nisyan, [trad. it. Una memoria per l’oblio, Jouvence, Roma 1997]. Lire 12.000
Traduzione dall’arabo di Luigina Girolamo con la collaborazione di Elisabetta Bartuli e Postfazione di Gianroberto Scarcia.
Mi perdonino i lettori per lo stile frammentario. È carta che taglia, è alfabeto di lettere crocifisse, quest’atto di scrittura del poeta lascia muti. « Leggi il seguito di questo articolo »
Cartolina del Lupo, 27 ottobre – dal deserto di Atacama, a nord del Cile
dicembre 6, 2010 § Lascia un commento
Stanotte, nel deserto più arido del mondo, dove le piogge non esistono perché nessuno le registra, e se succede succede ogni 15 anni, e quando succede succede una cosa assurda, cioè il deserto fiorisce, così mi ha detto un tizio con cui ho parlato, uno scrittore. Poi gli ho chiesto di scrivere qualcosa, perché a me non veniva in mente niente.
Buongiorno. Mi chiamo Luis Gonzalez e sono nato a Tegucigalpa, Honduras, America Latina, Giungla del Cazzo.
Buongiorno. Mi chiamo Gonzalez Luis e sono nato nella Comayaguela, la zona dei poveri con i denti marci e le scarpe lisce.
Sono andato via dal mio paese perché altrimenti mi avrebbero fatto fuori. Non sono nel traffico della cocaina, né in quello dell’eroina. Il mio settore è più antico di queste sostanze, e può vantare nomi e facce molto più pericolose di quelle dei narcotrafficanti. Ovviamente parlo di Omero, Tucidide, Senofonte, Tito Livio, Marziale, Catullo, Blake, Dante e Cervantes, e pure Shakespeare.
Da qualche tempo ho un problema con l’alcol. Mi chiedo chi non ne abbia. Chi non ne ha? Il fatto è che essendo uno scrittore possiedo un ritmo linguistico piuttosto accelerato, le mie parole scintillano come martelli sui nervi acustici dei miei ascoltatori. Infatti frequento i bar tristi dove la gente muore nei bicchieri. E parlo troppo. Mi dico sempre che un bravo scrittore ascolta e basta. Ma quella gente non parla. Bisogna incitarli, punzecchiarli, trascinarli sull’impiantito traballante della sala e farsi tirare fuori tutta la storia che conoscono. Spesso lo fanno. Molto spesso tirano fuori cazzotti, per lo più.
Cartolina del Lupo, 20 ottobre, San Francisco, U.S.A.
dicembre 3, 2010 § Lascia un commento
Ieri sera, a San Francisco,
in un bar a forma di bara, con le pareti tappezzate di fotografie di attori del cinema muto, attori bianchicci e con i denti eccessivamente sviluppati tipo Bela Lugosi,
ecco, in quel bar di Mission District un tizio mi ha detto che oggi ci sarebbe stato il Transgender Day of Remembrance, che commemora le vittime dei transfobici, e poi mi ha raccontato questa storia. « Leggi il seguito di questo articolo »
Cartolina del Lupo da un villaggio della Thailandia, 12 ottobre 2010
dicembre 3, 2010 § Lascia un commento
A Roma, guardando un tombino, potevo permettermi di sognare: immaginavo che là
sotto avrei visto camminare scheletri di dinosauro e assassini profumati,
immaginavo giardini di plastica e temporali della durata di un nanosecondo,
vedevo i cuochi di Napoleone guidati dal leggendario LeQuoque, tutti presi dal
fondere lamine d’oro su pasticci di carne e riso, immaginavo che mi avrebbero
spiato i rapinatori di tempo, quelli che ti fermano per una battuta sul tempo e
che subito dopo stanno già parlando delle numerosissime tragedie che hanno
investito la loro famiglia, immaginavo che avrei visto un uomo in divisa da
carcerato, di nome Edmond Dantès, rinchiuso nei sotterranei della prigione d’
If, a largo di Marsiglia, immaginavo di rincorrere le gemelle Kessler, nude
come mamma le ha fatte, mentre rincorrevano Marcello Mastroianni che rincorreva
me, immaginavo che avrei dovuto passare per forza tra le gambe infinite di
giganteschi lottatori di sumo, immaginavo un vicolo là sotto, popolato solo da
cantanti e pianisti, dove nessuno avrebbe avuto tempo di ascoltare la musica,
perché tutti la suonavano, immaginavo piccole piazzuole oscure dove si tenevano
i corsi avanzati di bacio, per soli imbranati, immaginavo che a un certo punto,
perdendomi, sarei finito in una grande piscina dove le ballerine sovietiche si
esercitavano nel sincronizzato, immaginavo di sentire allora, il respiro dei
maratoneti in tuta spaziale, con maschera da talpa, che entravano e uscivano
dai cunicoli in fila indiana, immaginavo che avrei incontrato ovviamente
coltissimi fabbricanti di cose spente e qualche mangiatore di buio e un paio di
insegnanti di amnesia, immaginavo che là sotto avrei trovato le storie amate, i
racconti paurosi, che avrei visto i vampiri snodati aggrappati con le unghie
nei tunnel biforcuti, immaginavo che tutto il mondo che immaginavo si sarebbe
dato appuntamento nei cunicoli che avrei attraversato
1974. Berlino Est. Giugno.
dicembre 2, 2010 § 2 commenti
1974. Berlino Est. Giugno.
Chris ha tredici anni e frequenta la Realschule in Oberstrasse.
Si sveglia alle 6.35. La madre è già fuori di casa e quando entra in cucina di solito è già vestito: una camicia bianca col colletto inamidato, i bottoni della giacca nera lucidati la sera prima con un pezzo di feltro, i pantaloncini che scendono sulle ginocchia, le scarpe nere strofinate, appena è sceso dal letto, con la margarina.
Anna, la madre di Chris, lavora alla mensa degli impiegati del Ministero dell’Interno. Alle 6.15 legge il giornale, seduta su una panchina verde accanto alla fermata del tram. « Leggi il seguito di questo articolo »
A uno morto impiccato
novembre 13, 2010 § Lascia un commento
Noi che non siamo adepti della fabbrica del necrologio abbiamo atteso una settimana.
Noi donne/uomini schifosi ci siamo sentiti come pane raffermo nella ciotola dimenticata.
Noi che abbiamo letto qualcosa di tuo tra un vermut e un’aragosta pensiamo al Prossimo Livello. « Leggi il seguito di questo articolo »
La panchina
novembre 6, 2010 § Lascia un commento
«Così è la vita, quando credi di non avere niente, ne incontri un altro che ha ancora meno.»
BERNARD MALAMUD, “LA VENERE DI URBINO”
Siedi su una panchina verde, lo smalto grattato via, le assi divelte a tratti, gonfie per l’acqua che ha fatto quest’inverno.
Ti gratti il ginocchio destro, poi sfogli il giornale che hai trovato in un cartone.
Le pagine a caratteri grandi non ti piacciono, pensi che erano meglio quelli fitti fitti. Dentro c’era più roba. Ti gratti ancora il ginocchio.
La signora si è seduta sulla panchina di fronte.
Apre un cartoccio e prende una manciata di molliche. Un piccione s’avvicina ai piedi della panchina. Gli dici di andare dalla signora.
Ne arrivano altri. Poi si mettono a beccare.
Erano meglio quelli fitti fitti, pensi. « Leggi il seguito di questo articolo »